martedì 28 aprile 2009

Tecnologie collaborative per i bambini

La tecnologia può favorire lo sviluppo di competenze comunicative nei bambini e contribuire allo sviluppo cognitivo e sociale in generale? Ed in particolare, la tecnologia può venire incontro alle grandi speranze dei genitori dei bambini autistici? Alcune risposte a questi interrogativi verranno dai risultati di “COSPATIAL”, un progetto europeo appena avviato, coordinato dalla Fondazione Bruno Kessler (FBK) di Trento, dedicato alla messa a punto di tecnologie collaborative per la promozione dell’apprendimento di competenze sociali da parte di bambini e ragazzi con sviluppo tipico o con autismo. Un esempio: due bambini giocano con un puzzle elettronico e si rendono conto che ogni tessera sul tavolo digitale può essere spostata solo se entrambi vi appoggiano contemporaneamente le mani e la trascinano insieme. Piccoli gesti che acquistano un significato ben più profondo, se si condividono pensieri ed emozioni.L’obiettivo principale del progetto è quello di sviluppare una struttura di lavoro basata sulle relazioni tra il modello teorico della Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT) e le funzionalità delle nuove tecnologie collaborative in modo da poter utilizzare queste relazioni per verificare l’acquisizione ed il potenziamento di competenze sociali nei bambini. In particolare COSPATIAL si indirizza verso due tipi di tecnologie che in studi precedenti hanno mostrato buone potenzialità nel migliorare le abilità sociali: ambienti collaborativi virtuali e superfici attive condivise.Il programma di ricerca COSPATIAL sarà coordinato per i prossimi tre anni da Massimo Zancanaro, responsabile dell’Unità “Intelligent Interfaces and Interaction” al Centro “Tecnologie dell’Informazione” della FBK e prevede la partecipazione delle Università di Nottingham (UK) e Birmingham (UK) che in particolare si dedicheranno ad applicazioni basate sulla realtà virtuale, di Haifa (Israele) e Bar Ilan (Israele) che approfondiranno la sperimentazione in ambito clinico. Alla FBK saranno sviluppate delle superfici digitali interattive (da tavolo o da parete) sulle quali bambini e ragazzi potranno interagire per giochi condivisi o la creazione di favole e storie, sulla base di programmi educativi elaborati da un team composto da psicologi, educatori, insegnanti e terapisti.La fase finale del progetto comporta la validazione delle competenze sociali acquisite attraverso le tecnologie, anche in compiti precisi del mondo reale: le strategie collaborative apprese nel contesto tecnologico (paragonabile ad un laboratorio) possono essere generalizzate ad altri ambienti, strutturandosi nelle abilità sociali del bambino? Dal punto di vista del modello teorico della CBT la competenza sociale si configura come un costrutto multidimensionale che correla tra loro competenze emotive, cognitive e comportamentali per affrontare in modo efficace le richieste e le pressioni quotidiane in diverse situazioni sociali ed influenza l’abilità del bambino ad apprendere in contesti educativi formali ed informali.Seguendo il percorso dello sviluppo emotivo ipotizzato da Piaget, non appena i bambini diventano capaci di interagire con i loro pari, si stabiliscono rapporti di cooperazione in cui teoricamente nessuno può imporsi agli altri, in quanto ancora non esistono differenze significative di potere o di autorità. Ciascun bambino è allo stesso tempo indotto a comprendere il punto di vista degli altri, mettendosi nei loro panni (principio base dell’empatia) e a far sì che gli altri capiscano il suo, entrando in un circolo di mutuo rispetto. Martin Hoffman, docente di psicologia alla New York University, autore di una teoria psicologica sullo sviluppo sociale che mette al centro la nozione di empatia, amplia ulteriormente i concetti espressi da Piaget. “Nei contesti di cooperazione, i bambini giungono a costruire spontaneamente, attraverso una serie di aggiustamenti o di una esplicita negoziazione, sia delle regole relative ad aspetti più o meno specifici dei loro giochi (ad esempio riguardo all’ordine in cui cominciare, o al come assegnare i ruoli in un gioco di gruppo), sia dei principi generali di giustizia, fino a capire la necessità di trattare gli altri come essi vorrebbero essere trattati - scrive Hoffman nel saggio “Empatia e sviluppo morale” (il Mulino), opera che raccoglie trent’anni di ricerche in campo sociale. “Il rispetto di queste regole e di questi principi deriva, a questo punto, dalla sensibilità dei bambini per i sentimenti per gli altri e dal desiderio di continuare a mantenere con essi dei rapporti basati sulla collaborazione e il mutuo rispetto”, conclude lo psicologo.
Articolo di ROSALBA MICELI, tratto da: http://www.lastampa.it/





Gli effetti positivi della videocomunicazione

Secondo uno studio presentato in questi giorni da Cisco, intitolato “Successful Video Communications” e condotto da Pearn Kandola con l'obiettivo di analizzare la psicologia della comunicazione nel mondo business, le applicazioni per la videocomunicazione aiutano le discussioni nei meeting online, rafforzano le relazioni e migliorano il rapporto fra le persone.Tuttavia, evidenzia lo studio, per alcuni soggetti, la comunicazione in video ha ancora l'effetto di aumentare il livello d'ansia e di inibizione: perché diventi uno strumento di comunicazione efficace, è importante che le imprese aiutino i loro dipendenti a sviluppare competenze adeguate per sfruttarla al meglio.La comunicazione video sta diventando una norma fra i team dispersi geograficamente e rappresenta un'alternativa fattibile agli incontri di persona. Importante è però stabilire come abbattere le barriere psicologiche che ne ostacolano l'uso, e come le persone possano sviluppare la necessaria familiarità, fiducia e tranquillità per usarla regolarmente.La ricerca evidenzia quali effetti l'utilizzo del video possa avere su persone con diversi tipi di personalità, analizzando sei differenti figure.
Leader/ Dominatore: colui che guida il meeting. La possibilità di vedere tutti i partecipanti alla riunione riduce il rischio che egli domini eccessivamente la discussione.
Energetico/Distratto: il video rende più stimolante la situazione, riducendo i momenti di distrazione e aumentando l'impegno.
Pensatore/Sfuggente: riflette in modo approfondito sui temi in discussione. Potendo cogliere i segnali visivi, si riduce il rischio che i suoi momenti di riflessione siano interpretati scorrettamente come disimpegno.
Amichevole/Chiacchierone: rischia di parlare troppo al posto degli altri o di provocare digressioni rispetto al tema in agenda. La possibilità di vedere i colleghi fornisce un contesto per interpretare le pause naturali della conversazione, riducendo il loro bisogno di “riempire” i momenti di silenzio.
Creativi / Astratti: caratterizzati da una grande ricchezza di creatività e di idee audaci, restano più ancorati alla discussione grazie alla maggiore ricchezza di interazione.
Atterratori/Ostruttivi: il video dà loro una presenza visiva durante le riunioni, aiutandoli a fare ascoltare le proprie opinioni senza dimostrarsi troppo ostruttivi.
Ma non è tutto. Secondo lo studio, la comunicazione video può aiutare ad accelerare la costruzione della relazione in culture differenti, ad esempio tra quelle cosiddette “ad alto contesto” quali quella cinese, giapponese e mediorientale - in cui la relazione si basa sull'integrità e sul valore dato all'interazione sociale e quelle “ a bassa distanza”, come accade in Paesi quali Germania, Svezia, Danimarca, in cui generalmente fra colleghi ci si relaziona in modo paritario, al di là della posizione formalmente detenuta in azienda.Lo studio ha poi tracciato un'analisi delle diverse tipologie di comunicazione video, evidenziando quali sono i contesti ai quali meglio si adatta.
Video telefonia: viene utilizzata nelle comunicazioni quotidiane. Facile da usare; la qualità del segnale video può ridurre la trasmissione dei segnali visivi.
Video conferenza basata su web - Usata nelle riunioni di team con individui distribuiti geograficamente ed in incontri con persone esterne al gruppo. E' ampiamente accessibile; le piccole dimensioni delle immagini rendono difficile cogliere i segnali visivi.
Video conferenza - Incontri di gruppo con una o due persone in ognuno dei luoghi connessi. Qualità video migliore rispetto alle webcam, ma può essere insufficiente a cogliere i segnali più sottili. La qualità audio può risentire negli incontri con tanti partecipanti.
Telepresenza - Utile per mantenere vive relazioni di alto livello a distanza. Più vicina all'esperienza di incontro dal vivo, le immagini a dimensioni reali veicolano il linguaggio del corpo e i gesti.
Articolo tratto da: http://www.ilsole24ore.com/


Pubblicato da Andromeda Associazione Culturale > Scarica qui la brochure di presentazione dell'Associazione Andromeda

mercoledì 22 aprile 2009

71% universitari non conosce parola stalking

Stalking, questo sconosciuto. Il 71% degli studenti universitari italiani, infatti, non sa cosa significhi questa parola e cioè tutti quei comportamenti persecutori, gli atteggiamenti minacciosi, ossessivi e di controllo nei confronti di una vittima che può essere un ex partner, un conoscente occasionale o un perfetto estraneo. A evidenziarlo è una ricerca condotta dall’Osservatorio nazionale sullo stalking (Ons) di Roma su 800 giovani di 16 Facoltà dell'ateneo capitolino 'La Sapienza'."E' allarmante - commenta Massimo Lattanzi, psicoterapeuta e fondatore dell'Ons - il gap fra la portata del fenomeno e il suo grado di conoscenza, soprattutto fra le nuove generazioni. E' un problema che coinvolge anche i più giovani, ma di cui proprio loro hanno poca consapevolezza: a seguito di chiarimenti sulle forme dello stalking, infatti, il 12,7% degli studenti intervistati si è riconosciuto vittima, il 4% autore". Fra chi dichiara di essere vittima di stalking, il 16% ha subito un grave trauma come la perdita di un familiare (33%) o la separazione dei genitori (28%). Il trauma da 'abbandono', dunque, sembrerebbe inibire o ridurre la capacità, fra le vittime, di riconoscere l’atteggiamento dello stalker o di intraprendere comportamenti difensivi adeguati. E questo anche in virtù del rapporto di familiarità spesso esistente fra stalker e vittima: in otto casi su 10 i due si conoscono. Bassa è poi la propensione alla denuncia da parte degli intervistati: secondo la ricerca solo il 17% racconterebbe le molestie subite. E le motivazioni sono le più svariate: il 26% preferirebbe aiutare lo stalker piuttosto che farlo arrestare; il 13% ha paura di aumentarne l’aggressività e peggiorare la situazione; il 7% ritiene di non essere creduto e un ulteriore 7% crede che si tratti di fatti non gravi. Fabio Roia, componente del Consiglio superiore della magistratura, esprime "apprezzamento per l’introduzione in Italia di una normativa sullo stalking che preveda e punisca condotte persecutorie. E' un provvedimento che riempie un vuoto giuridico che non consentiva di intervenire in tutti i casi di attività insidiose". Prima dell’approvazione del decreto legge voluto dal ministro per le Pari opportunità, Mara Carfagna, "occorrevano sforzi interpretativi da parte dei pubblici ministeri o, paradossalmente, atti aggressivi più gravi per consentire un intervento efficace sotto il profilo cautelare e di protezione della vittima. Per il futuro, per meglio rispondere all’esigenza di tutela della vittima occorrerà creare un sistema di intervento 'in rete' che veda la collaborazione di comparto pubblico, privato sociale, forze di polizia specializzate e autorità giudiziaria appositamente formata". Sono 1.139.000 le donne (dati Istat 2006) che nel nostro Paese sono state vittime di stalking nel corso della loro vita. Se a esse si aggiungono coloro che hanno subito, oltre allo stalking, anche violenze fisiche e sessuali, si sale all’allarmante cifra di 2 milioni e 77 mila vittime. Nell’80% dei casi, secondo l’Ons, le vittime sono donne e la durata media delle persecuzioni è di circa un anno e mezzo. Circa il 70% di chi ha subito stalking, ha avuto conseguenze a livello psico-relazionale spesso gravi, ma solo il 17% ha sporto denuncia alle Forze dell’Ordine.
http://www.adnkronos.com/IGN/Salute/?id=3.0.3120525553


Introduzione alla Mediazione Familiare Relazionale-Sistemica

MEDIAZIONE:"attività di chi si interpone tra due o più persone per facilitarne le relazioni e gli accordi""Azione svolta da terzi per il raggiungimento di un incontro e di un accordo...MEDIATORE:"persona o ente che intervenga per determinare l’incontro e l’accordo di due parti""elemento determinante nello stabilire un rapporto di conciliazione o di compromesso "
Nel vocabolario di latino "MEDIUM" sta ad indicare "ciò che sta nel mezzo" o anche "sforzo intermedio o interno".Da tali definizioni emerge la necessità della presenza di un terzo (imparziale) a svolgere la funzione di mediazione e due finalità della stessa:"l’incontro" e "l’accordo".L’azione del mediare è sempre posta tra almeno due parti e il mediatore diviene un canale, una via di comunicazione preferita quando il rapporto è difficile.Chi sta vivendo un conflitto sa bene quanto sia difficile uscire dal vissuto emotivo per instaurare un registro di razionalità che permetta di poter discutere del problema, il riferimento ad un terzo è quindi una garanzia, un mezzo appunto di comunicazione. Il terzo rappresenta l’istanza razionale, la possibilità di spostare il conflitto da un piano emozionale ad uno di possibile analisi ed elaborazione. Il tentativo, quindi, della mediazione sistemica-relazionale è quello di:
a) creare uno spazio, una prospettiva dalla quale poter vedere la cosa in modo diverso, un luogo virtuale nel quale potersi incontrare, riconoscendo che cosa sta succedendo e che cosa si sta giocando; b) la capacità di interrompere la catena delle reazioni emotive, di separarsi dalle emozioni per poterle riconoscere (ciò spiega il perché la mediazione familiare è spesso considerata un intervento specializzato di counselling). La mediazione familiare è una metodologia di aiuto alla coppia in un momento particolare del ciclo vitale della famiglia, cioè in un momento di crisi (dover affrontare un evento critico del ciclo vitale). Essa può essere utilizzata nei vari momenti del processo di crisi: a) nella fase della presa di decisione (se separarsi o meno);b) nella fase legale della separazione;c) nella fase post-sentenza;d) durante il lungo processo di elaborazione psicologia del "lutto";e) in occasione della revisione dell’affidamento dei figli. La mediazione familiare, offre alla coppia un contesto strutturato, con la presenza di un terzo elemento neutrale (imparziale), "il mediatore", atto a favorire le potenzialità evolutive della crisi e del conflitto, in particolar modo in funzione dello sviluppo e della maturazione dei figli, rendendo i genitori protagonisti delle decisioni che riguardano la relazione affettiva ed educativa con i figli.
Elemento centrale di ogni mediazione è quindi l’assunzione o la riassunzione della responsabilità genitoriale da parte della coppiaed il rifiuto della delega ad un terzo, sia esso un giudice o un consulente.
La mediazione riapre uno spazio comunicativo all’interno della coppia separata, permettendo di ridefinire confini e relazioni e quindi di raggiungere accordi che siano fondati, stabili il più possibile nel tempo perché nati da una consapevolezza; spesso accade, invece, che gli accordi legali siano generici e superficiali o, in caso di elevata litigiosità, siano delegati dalla coppia ad un terzo esterno, cioè ad un giudice, che si assume, utilizzando strumenti talvolta non adeguati, la responsabilità decisionale che di fatto spetterebbe ai genitori. Dove è nata la MediazioneLa mediazione è nata negli USA; inizialmente si parlava di mediazione per le controversie di lavoro, nel periodo della prima guerra mondiale, poi il concetto si è molto esteso, allargandosi alla mediazione familiare; questo intervento è nato come reazione al modo in cui venivano affrontate nella cultura legale americana le separazioni ed i divorzi, esasperando cioè la conflittualità e la competizione. Nella coppia ci doveva sempre essere un vincitore e un vinto, gli avvocati, per motivi economici, si occupavano soprattutto di far raggiungere quel certo "oggetto" del contendere, non si occupavano né dei membri della coppia (il vissuto psicologico, la sofferenza e il dolore che la rottura del legame comporta, non veniva affrontato), né dell’interesse dei figli minori. Un gruppo di avvocati e di terapeuti, che avevano subito sulla propria pelle separazioni molto drammatiche per sé e per i propri figli, nel corso degli anni ’70, crearono la mediazione familiare: cito in particolare due personaggi, che sono un po’ i padri della mediazione familiare, Kubler (avvocato, il primo che mette a punto un modello di mediazione strutturata) e Haynes (terapeuta sistemico-relazionale che dà una veste di tipo terapeutico a questo intervento). Dall’America la mediazione si è diffusa prima in Canada, poi dal Canada in Francia e quindi in Europa. La Mediazione in Italia“La Mediazione Familiare, in materia di divorzio o di separazione, è una procedura in cui un terzo, neutrale (imparziale,n.d.a.) e qualificato, viene sollecitato dalle parti per fronteggiare la riorganizzazione resa necessaria dalla separazione, nel rispetto del quadro legale esistente. Il ruolo del mediatore familiare è quello di portare i membri della coppia a trovare da sé le basi di un accordo durevole e mutuamente accettabile, tenendo conto dei bisogni di ciascun componente della famiglia e particolarmente di quelli dei figli, in uno spirito di corresponsabilità e di uguaglianza dei ruoli parentali” (APMF, 1990). La “Mediazione Familiare”, come si evince dalla definizione pubblicata in Francia nel 1990 dall’Associazione per la Promozione della Mediazione Familiare, è un tipo di intervento volto alla riorganizzazione delle relazioni familiari ed alla gestione o attenuazione dei conflitti in caso di separazione o di divorzio, attraverso l’aiuto di un terzo “imparziale”, il mediatore, competente sia in materia legale che in materia sociopsicopedagogiche.In Italia la Mediazione nasce a Milano presso la Gea, Genitori Ancora, come associazione di mutuo-aiuto costituita da genitori separati che si aiutavano a vicenda. Da questo gruppo, che man mano si è specializzato nelle disciplini giuridiche e psicologiche, nasce la SIMEF, Società Italiana di Mediazione Familiare. La Simef, i cui fondatori sono stati Bernardini e Scaparro, è costituita principalmente da medici e psicologi che operano nel campo familiare. Nello stesso anno, 1975, con De Bernard, Russo, nasce l’A.I.M.S. (Associazione Internazionale Mediatori Sistemici)L’A.I.M.S. si sviluppa all’interno degli Istituti di Terapia Familiare, maggiori sono quindi le sedi e diverse le figure professionali (psicologi,pedagogisti, sociologi, medici, avvocati, ass.sociali, insegnanti) che, accomunate dall’ottica sistemico-relazionale, vi aderiscono.
Le parole chiave che ricorrono nell’ottica sistemico-relazionale sono: Comunicazione; Conflitto; Apprendimento; Relazione.

La comunicazione, letteralmente “far comune ad altri ciò che è nostro”, è alla base della relazione in quanto “è impossibile non comunicare”. La psicologia sistemica-relazionale ci insegna che noi possiamo esistere solo se siamo riconosciuti: questo bisogno, che ci accompagna per tutta l'esistenza viene soddisfatto attraverso un continuo “dialogo” (dià=tra + lògos=parola, discorso).Il bisogno di “sentirsi riconosciuto” emerge con chiarezza durante le vicende legate ad una separazione legale: si ricorre al giudice per un “riconoscimento” (il ruolo di padre o di madre), per un “risarcimento” (l’altro mi deve ripagare quanto fatto)…e in questo gioco collusivo del “sentirsi riconosciuti” cadono quanti, chiamati in causa (avvocati, psicologi, consulenti, mediatori), non solo colludono con le parti ma confliggono con gli altri operatori “pur di non riconoscergli un ruolo” nella gestione della vicenda.Il conflitto è mancanza di relazione o di comunicazione. Il litigio, le scenate o le sceneggiate cui assistiamo, costituiscono soltanto l’espressione esterna, il “sintomo” di un disagio o di una difficoltà più profonde. L’apprendimento è una condizione biologica di sopravvivenza di un sistema. Ogni sistema è sempre un sistema in evoluzione, l’evoluzione può essere in positivo o in negativo. Un sistema in conflitto, quindi, è un sistema in cambiamento, da una fase precedente ad una fase nuova (crisi).La relazione, dal latino res+azione, significa portare una cosa insieme, una cosa nuova che è il “noi”, non più l’Io o il Tu. Il Mediatore utilizza la Relazione per aiutare le parti a gestire il Conflitto e quindi avviarle verso un Apprendimento.Il mediatore familiare, così come cita l’art.4 del Codice deontologico dell’APMF, deve possedere una competenza tecnica in una professione legata alle scienze umane e/o giuridiche (psicologo, pedagogista, assistente sociale, avvocato,etc.) per poi seguire una formazione specifica in mediazione familiare (della durata di 240 ore), coadiuvata da continui corsi di aggiornamento e da una costante supervisione.Il ruolo del mediatore familiare non è quello di aiutare la coppia a mantenere la loro relazione (psicoterapia), né quello di dirigere le parti verso un’intesa (consulenza legale), ma, come cita la definizione, è quello di lavorare “insieme” alle parti coinvolte aiutandole a gestire il conflitto, così che siano le parti stesse a negoziare accordi soddisfacenti e duraturi e/o a rivederli.Le parti coinvolte in un conflitto, infatti, se opportunamente supportate, sono in grado di assumere decisioni riguardo la propria vita più di quanto possa fare un’autorità esterna (come per esempio un arbitro, un negoziatore puro, o un giudice) e rispettano di più le decisioni se essi stessi hanno contribuito al loro raggiungimento e se accettano il procedimento che ha condotto all’accordo. Il mediatore sa che di per sé il conflitto non è una malattia, ma che un conflitto non gestito è pericoloso. Spesso, infatti, un conflitto è generato dal fatto che le parti non sanno come affrontare e gestire un problema,quindi, dalla incapacità a definirlo.Non dobbiamo dimenticare che, il clima emotivo su cui il mediatore interviene, è quello di una separazione, e che non esistono “buone separazioni” ma “separazioni meno dolorose”.Chiudere la propria storia affettiva significa, inevitabilmente, veder crollare tutti gli investimenti, le aspettative, i desideri, di cui, in quanto “storia”, la relazione di coppia è stata nutrita. Se in un primo momento la mediazione familiare offre agli ex-coniugi uno spazio di discussione, di riflessione e di elaborazione della propria conflittualità, così da raggiungere un minimo accordo da presentare al giudice, in un secondo momento offre un’area di ridefinizione del ruolo genitoriale, un nuovo modo di vivere e condividere la genitorialità che prescinde dal loro essere stati coniugi e che riguarda i sentimenti di paternità e maternità.Dal punto di vista giuridico “il bambino ha il diritto ad avere due genitori” e questi hanno “la stessa dignità genitoriale”.Una buona mediazione familiare, oltre ad evitare ai figli quella “penosa situazione” che porta a vedere i genitori “incapaci e bisognosi” di un terzo (il giudice) che dica loro come comportarsi, evita, al giudice stesso, o ai consulenti tecnici d’ufficio, di dover scavalcare la “dignità genitoriale” decidendo quale dei due è il “genitore di serie A” (affidatario). Aiutare gli ex-coniugi a gestire il conflitto, “due” genitori a trovare le soluzioni più adeguate per tutti, in particolare per la parte debole del sistema familiare, è il compito di quanti lavorano nella Mediazione Familiare.
"Introduzione alla Mediazione Sistemica-Relazionale e Familiare", tratto in data 21-04-2009 da Obiettivo Psicologia. Formazione, lavoro e aggiornamento per psicologi


Pubblicato da Andromeda Associazione Culturale > Scarica qui la brochure di presentazione dell'Associazione Andromeda

giovedì 16 aprile 2009

Atti Mancati

A mettere in fila gli avvenimenti degli ultimi giorni, dalle ultime settimane, si ha l’impressione di assistere ad una sequenza di atti mancati. Fatti che avrebbero dovuto esserci e non ci sono, parole che avrebbero dovuto esserci e non ci sono. Un’assenza che pesa, lascia stupiti.A partire dalla vicenda brasiliana: una bambina di nove anni, da tre vittima della violenza del patrigno, che abusava sistematicamente di lei. Finchè la piccola non si è ritrovata incinta di due gemelli. Una creatura di nove anni, una manciata di chili e di tormenti, che ha dovuto imparare troppo presto quanto la vita possa essere infame. L’ha provato sulla sua pelle, una pelle troppo giovane, troppo, per sopportare oltre, troppo giovane per tollerare l’imposizione di una maternità figlia di prolungate violenze, troppo giovane per rischiare la propria vita portando avanti la gravidanza.
La bambina è stata presa in cura da un medico. Un medico che pensa, come vuole la legge, che non si debba obbligare una donna, e tanto meno una bambina, a mettere al mondo il frutto di uno stupro. Un medico che sapeva perfettamente quale rischio corresse la vita di quella bambina, se avesse portato avanti la gravidanza. Un medico che, insieme alla madre della piccola, ha interrotto la gravidanza.Una vicenda terribile, che ha avuto un epilogo che ha lasciato attoniti tanto i medici quanto i giornalisti che hanno seguito la vicenda. José Cardoso Sobrinho, arcivescovo di Olinda e Recife, ha scomunicato la madre della bambina e i medici che si sono occupati di lei. La bambina no, perchè troppo giovane per una scomunica, anche se abbastanza grande, per monsignor Sobrinho, per affrontare un parto gemellare che avrebbe messo a rischio la sua vita. Quasi un’espiazione per la “colpa” di aver subito violenza. Perchè, per la Chiesa, l’abuso sessuale viene commesso CON la vittima, non CONTRO la vittima. Basta leggere il Crimen sollicitationis. E dunque la vittima è, ai loro occhi, colpevole quanto chi l’ha abusata.
Forse per questo quella carità cristiana, quella comprensione, quell’abbraccio consolatorio che ci si aspetterebbe dalla Chiesa, non c’è. Non c’è mai. E quell’assenza, quell’atto mancato, pesa.Così come pesa la distanza sempre più grande, incolmabile, che le gerarchie vaticane continuano a scavare tra la Chiesa istituzionale, quella con la maiuscola, e la chiesa dei fedeli, la comunità dei credenti. Una Chiesa cieca e sorda, distante dalla quotidianità delle persone comuni, lontana dalla vita. Una Chiesa arroccata nei palazzi affrescati che non immagina, non può immaginare, cosa sia la vita in una capanna di fango e paglia o in due camere allo Zen di Palermo, alle Vele di Scampia. Una Chiesa ammantata di ermellini e in scarpe di Prada che non immagina, non può immaginare, cosa sia rattoppare scarpe bucate e vestiti smessi da qualcun altro o morire di freddo sotto una coperta di cartone. Una Chiesa lontana quanto non è mai stato lontano Cristo.
Bastano le recenti parole del Pontefice, a confermarlo. Parole dette durante il volo che lo portava in Africa, un continente che vede milioni di suoi figli morire ogni anno per AISD. L’AIDS “non si può superare con la distribuzione di preservativi: al contrario, aumentano il problema“. Parole pronunciate durante l’intervista rilasciata a padre Federico Lombardi, portavoce del Vaticano, e alla presenza di una settantina di altri giornalisti. Parole che hanno scandalizzato, con raccapriccio, la Francia e la Germania. Noi no, i nostri politici no. Noi, cloroformizzati, non abbiamo battuto ciglio. Anzi, in linea con la pratica tutta italiana del “Sono stato frainteso”, è arrivato ai media anche un comunicato stampa dei vescovi camerunensi, che, in una nota, definiscono ”molto grave” l’atteggiamento di alcuni mass media, i quali ”hanno trascurato gli aspetti essenziali” del messaggio del Papa in Africa su povertà, riconciliazione, giustizia e pace. In particolare, i presuli denunciano che la polemica sui preservativi ha oscurato il dramma di tanti africani che muoiono a causa di malattie, poverta’ e guerre fratricide. Si dimenticano però, i presuli, di raccontare quanta responsabilità ha la cosiddetta “missione civilizzatrice” dei colonizzatori, in quelle guerre fratricide, e quanta responsabilità hanno anche i “missionari” e la Chiesa, che con i colonizzatori sono sempre andati sotto braccio, nel montare le fazioni una contro l’altra e combattere la propria guerra senza sporcarsi le mani.Un atto mancato, dunque, un altro fra i tanti. Perchè in Africa si dovrebbe andare con umiltà, con più umiltà che altrove. Si dovrebbe andare per capire, non per giudicare. Si dovrebbe andare per amare, non per imporre.
Così come un altro atto mancato, ma sempre in linea con la politica del “fraintendimento”, si registra nella pessima, pessima questione del vescovo Williamson, lefebvriano e negazionista. Un epilogo ridicolo se si pensa che la Chiesa, con alle spalle duemila anni di finissima politica e diplomazia (e non nella accezione più alta che hanno questi termini), piuttosto che fare un passo indietro preferisce sostenere la parte di chi casca dalle nuvole. “Una disavventura per me imprevedibile è stata il fatto che il caso Williamson si è sovrapposto alla remissione della scomunica” ha scritto Ratzinger in una lettera inviata a tutti i vescovi cattolici. “Il gesto discreto di misericordia verso quattro vescovi, ordinati validamente ma non legittimamente, è apparso all’improvviso come una cosa totalmente diversa: come una smentita della riconciliazione tra cristiani ed ebrei, e quindi come la revoca di ciò che in questa materia il Concilio aveva chiarito per il cammino della Chiesa“.Di nuovo frainteso, dunque. Anche se resta il dubbio del perchè abbia scritto ai vescovi e non direttamente ai cattolici, molti dei quali hanno protestato con una “veemenza quale da molto tempo non si era più sperimentata”, come il Pontefice stesso attesta.
E un altro atto mancato si registra in questi giorni, a Bolzano, con la vicenda di don Giorgio Carli, il sacerdote arrestato il 14 luglio 2003 con l’accusa di violenza sessuale continuata ai danni di una giovane donna, all’epoca dei fatti una bambina, che il sacerdote avrebbe violentato per cinque anni, dai nove ai quattordici, nella canonica della quale era cappellano. Fu prosciolto in primo grado, condannato a sette anni e mezzo in appello. In questi giorni la Corte di Cassazione lo ha prosciolto per la sopraggiunta prescrizione del reato. Il sacerdote, assistito dall’avvocato Franco Coppi, lo stesso che in un primo momento era stato chiamato a difendere Pierino Gelmini ma che rinunciò in seguito ad alcune esternazioni troppo veementi di quest’ultimo, non ha voluto rinunciare alla prescrizione e il processo si è chiuso così.
E la Diocesi non ha fatto attendere i commenti: «A carico di don Giorgio non esiste più alcuna sentenza di condanna. Per parte nostra abbiamo sempre creduto nella sua innocenza. Per questo egli è sempre rimasto confermato nel suo incarico di parroco ed ora riprenderà in pieno il suo ministero sacerdotale». Affermazioni molto, molto lontane dalla verità. Perchè don Giorgio Carli non è assolto, è prescritto: come Andreotti. L’esistenza del reato è stata riconosciuta, visto che la Corte lo ha condannato al risarcimento delle parti lese per 760.000 euro. La Cassazione ha stabilito che le violenze sessuali ai danni della bambina che all’epoca frequentava la parrocchia di San Pio X ci furono. Don Giorgio non dovrà scontare in carcere la pena perchè è trascorso troppo tempo. Nessuna assoluzione, dunque, ma solo la “grazia” della prescrizione. E il fatto che don Carli torni a dire messa è vergognoso, indecente. Pesa. Pesa quanto l’assenza di qualsiasi solidarietà della Chiesa con la vittima.
Pesa tanto quanto le dichiarazioni dell’arcivescovo Sobrinho all’indomani della scomunica ai medici e alla madre della bambina brasiliana: «La legge di Dio è superiore a qualunque legge umana. Quindi se la legge umana, cioè una legge promulgata dagli uomini, è contraria alla legge di Dio, questa legge umana non ha alcun valore».Pesa perchè di fronte a queste affermazione d’improvviso si capisce tutto. Si capisce che a questi uomini bardati di paramenti, incensati, claustrobificamente rinchiusi nelle chiese e nei palazzi, non interessa per nulla, per nulla, la carità che ha insegnato Cristo, la comprensione che ha insegnato Cristo, l’amore che ha insegnato Cristo. Interessa stabilire un primato di poteri, interessa vincere questa prova di forza al solo fine di stabilire una suprezia che non si sono mai rassegnati a perdere.
E in questo braccio di ferro istituzionale, lontano dalle miserie quotidiane, si illudono di aver sostiuito, al proprio braccio, il braccio di Dio.
Fonte: http://viaggionelsilenzio.ilcannocchiale.it/

Pubblicato da Andromeda Associazione Culturale > Scarica qui la brochure di presentazione dell'Associazione Andromeda

venerdì 10 aprile 2009

L’Ascolto Attivo di Ilaria Gheri

In ogni momento della nostra vita siamo immersi nella comunicazione. Anche quando pensiamo di nonesserlo. Ogni volta che guardiamo uno spettacolo od un film, ad esempio, la comunicazione avviene traquei protagonisti e le emozioni ed i pensieri che esse suscitano in noi; così anche quando leggiamo unlibro, sfogliamo una rivista, ascoltiamo della musica, osserviamo un dipinto…Quante volte capita di sentir dire che quell’artista è un incompreso, termine che è relativo allacomunicazione pura :“non ti comprendo”, non capisco cosa vuoi dire”.Ecco che allora mandare a memoria piccole strategie di comunicazione possono risultare di indubbio valoreogni qual volta ci sentiamo incompresi, o capiamo che l’altro si sente incompreso.Una piccola quanto potente ci viene offerta da Gordon che ha coniato una tecnica definita ascolto attivo.Attraverso l’uso di questa tecnica si arriva ad un livello della comunicazione che oltrepassa leincomprensioni dovute al non ascolto o all’ascolto parziale dell’altro. Ogni volta che ci sentiamo ringraziareper come abbiamo ascoltato l’altro, od ogni volta che ci sentiamo a nostra volta ben ascoltati è perché chiascolta è centrato su quello e basta, ha cioè spostato il suo sentire su chi parla ed ha ben distinto il sédall’altro.Gordon dice che per un buon ascolto è necessario seguire 4 passi:1. L’ascolto passivo: è il momento di silenzio interiore (e possibilmente anche esteriore), di chi è in ascolto.Ascoltare in silenzio permette all’altro di esporre senza essere interrotto. È così che percepisce l’attenzioneche gli viene rivolta.Aggiungerei che questa fase permette a chi ascolta di entrare in contatto anche con le proprie emozioni edi distinguere ciò che gli appartiene da ciò che appartiene al suo interlocutore. Questo io lo definiscoascolto emotivo, e lo ritengo un punto fondamentale da aggiungere ai passi definiti da Gordon, affinché ilrisultato ottenuto sia il migliore possibile. È infatti indispensabile capire quando un’emozione appartiene ame stesso oppure all’altro, perché mi permette di ricordare che non sempre le stesse esperienze o lestesse situazioni possono suscitare uguali emozioni.2. Messaggi di accoglimento: Sono sia messaggi verbali (“ti ascolto”, “sto cercando di capire”..); chemessaggi non verbali (cenni del capo, sguardo, sorriso…). Tutti quei messaggi cioè che sottolineanol’atteggiamento di ascolto.3. Inviti calorosi: Messaggi verbali che incoraggiano chi parla ad approfondire quanto sta dicendo(“dimmi..”, “spiegami meglio”..) senza valutare o giudicare ciò che viene detto.L’assenza di giudizio è fondamentale al raggiungimento di una corretta comunicazione fra le parti. Lasocietà in cui viviamo ci abitua fin da piccoli che giudicare ed essere giudicati è parte integrante dellanostra vita. Io non sono molto d’accordo. Il giudizio è una punta di valore che rimandiamo all’altro: seibravo, sei insufficiente, sei bello , sei brutto, sei buono, sei cattivo…. Nessuno però ci insegna quanto pesoportano con sé gli aggettivi che noi usiamo con tanta disinvoltura. Per fortuna Rogers lo fa.Ci ricorda che gli aggettivi definiscono l’altro per come noi lo percepiamo, ma non è detto che l’altro sia o sisenta così realmente. Ogni volta che usiamo un aggettivo quindi dovremmo ricordarci che stiamo definendol’altro, nel bene e nel male. A volte portare il peso di “sei buono” equivale a quello di “sei cattivo”: Non cilascia liberi di muoverci come vorremmo, perché mentalmente costretti a rispettare l’immagine sociale chegli altri hanno di noi. Questo non significa ovviamente che gli aggettivi debbano essere aboliti dal linguaggio

Fonte Psicolab - L’Ascolto Attivo di Ilaria Gheri


Pubblicato da Andromeda Associazione Culturale > Scarica qui la brochure di presentazione dell'Associazione Andromeda

Separazioni e divorzi in aumento. L'analisi del fenomeno in un convegno del Cnv sulla mediazione familiare


Dalle 91,3 separazioni ogni 100mila abitanti del 1995, si è passati alle attuali 140,4; per i divorzi, invece, da 47,2 ogni 100mila abitanti del 1995, si è giunti recentemente agli 80,3. Sono questi alcuni dei principali dati, indicativi di un incremento progressivo degli scioglimenti dei matrimoni in Italia, che saranno oggetto delle riflessioni durante il convegno internazionale sulla mediazione familiare “2 Minds”, promosso dal Centro nazionale per il volontariato.La giornata di approfondimento, che si terrà oggi 6 aprile a Firenze presso l’Istituto degli innocenti (informazioni su www.centrovolontariato.it), segna l’avvio di un nuovo progetto europeo comune, nell’ambito del programma daphne di cui il Cnv è coordinatore. Progetto che mira a rafforzare e consolidare legami sempre più stretti con chi opera, in diversi contesti nazionali, per la promozione e la diffusione della mediazione familiare.Un posto centrale, nel corso della giornata (in cui convergeranno mediatori, volontari ed operatori istituzionali), sarà rappresentato dalla relazione di Enzo Catarsi dell'Istituto degli Innocenti, che nel suo intervento si concentrerà sul percorso di ricerca sui servizi di mediazione familiare sviluppato dal Centro regionale di documentazione sull'infanzia.La relazione muoverà dal presupposto che la separazione costituisce un “evento difficile e doloroso nella vita delle persone”, spesso foriero di dolore e, talvolta, di risentimenti; questo, anche perché la separazione porta a una ristrutturazione della propria vita, e cambia notevolmente le proprie abitudini.Importanti i numeri, che denotano un progressivo incremento delle separazioni e dei divorzi a livello nazionale: per quanto riguarda le prime, si è passati dalle 52.323 del 1995 alle 71.969 del 2000, fino alle ultime stime, che registrano le 82.291 unità; per i divorzi, invece, si è passati dai 27.038 del 1995 ai 37.573 del 2000, fino ad arrivare agli attuali 47.036. Per quanto riguarda la Toscana, la realtà è andata migliorando negli ultimi anni, visto che adesso tutte le 34 zone socio-sanitarie (ad eccezione di una) hanno un servizio di mediazione familiare.L’intervento fornisce poi alcune anticipazioni riguardo una ricerca realizzata nell’ambito delle attività del Centro regionale di documentazione per l’infanzia e l’adolescenza (svolta per conto dell’assessorato alle politiche sociali della Regione Toscana), mediante una scheda di rilevazione e successive 30 interviste ad altrettanti responsabili di servizi di mediazione familiare.Testimonianze che si sono rivelate particolarmente interessanti per conoscere dal di dentro la realtà toscana, ravvisandovi anche alcune contraddizioni che permangono sulla stessa identità della mediazione familiare. Anche per questo, secondo Catarsi, occorre pensare ad una "campagna regionale di sensibilizzazione, che faccia conoscere il servizio di mediazione familiare, al pari dei parecchi altri che ormai sono attivi a sostegno della genitorialità".Fondamentale è, pertanto, una stretta integrazione del servizio di mediazione familiare con gli altri servizi di sostegno all’infanzia ed alle famiglie. Attenzione verrà prestata nella relazione anche alla legge sull’affidamento condiviso e al riverbero che ha avuto sui servizi di mediazione familiare.“Circa 10 anni fa, noi del Cnv – afferma la responsabile della progettazione europea, Rossana Caselli - abbiamo incominciato a elaborare alcuni progetti, forse un po’ carichi di utopia, in difesa dei diritti dei minori". Il mondo del volontariato, infatti, si è sempre interessato a bambini e adolescenti. "Ma noi volevamo farlo rafforzando un messaggio di pace e mediazione che potesse essere importante per tutti, grandi e piccoli, a partire dalla dimensione familiare. Volevamo cioè condividere con molte altre associazioni e istituzioni - spiega la Caselli - la voglia di affrontare i conflitti, non solo come eventi distruttivi, ma anche come occasioni di crescita e di trasformazione delle relazioni, aiutando innanzitutto i genitori in separazione a ritrovare fiducia, speranza e capacità di comprensione e riconoscimento reciproco". L’intento è quindi di diffondere la cultura della mediazione, da cui possono derivare risultati di grande utilità, non solo per i singoli, ma per l’intera collettività.
Fonte: http://www.loschermo.it/articolo.php?idart=16345

domenica 5 aprile 2009

La mediazione penale



Cos'è la mediazione penale

La mediazione è un percorso relazionale tra due o più persone per la risoluzione di conflitti che si caratterizzano per la natura sociale, culturale, penale. In quest'ultimo campo il conflitto si configura come reato.

Nella mediazione penale minorile, l'asimmetria delle parti, vittima e reo, costituisce un fattore specifico che richiede particolari cautele e tutele a protezione dei soggetti ed una diversificazione degli obiettivi della mediazione: questi devono essere chiariti dal mediatore agli interessati per permettere un incontro e una comunicazione efficace tra le parti.

Per la vittima, che nel processo penale minorile non può costituirsi come parte civile (art.10 del D.P.R. 448/88), la mediazione consente di esprimere in un contesto protetto il proprio vissuto personale rispetto all'offesa subìta, di uscire da un ruolo passivo dando voce e visibilità alla propria identità personale.

Al minore - autore del reato, la mediazione permette una responsabilizzazione sul danno causato e sulle possibilità di riparazione: la riservatezza dell'incontro e la separazione dal procedimento penale favorisce l'emersione dei contenuti emotivi legati agli eventi in un contesto relazionale protetto.

Il mediatore/i ha un ruolo neutrale, non direttivo, di facilitatore della comunicazione oltre che di garante delle regole di interazione verbale che all'inizio dell'incontro di mediazione vengono prioritariamente esplicitate, condivise ed accolte dalle parti.

L'esito del percorso di mediazione penale si configura come positivo o negativo e viene comunicato al giudice dal mediatore, senza riferire motivazioni specifiche data la riservatezza dell'incontro. Per esito positivo s'intende una ricomposizione o significativa riduzione del conflitto: in tal caso si prevede la possibilità di definire accordi di riparazione riguardanti interventi diretti alla vittima, compreso il risarcimento, o attraverso lo svolgimento di attività di utilità sociale.

Tale opportunità consente, prescindendo dal giudizio penale, una riparazione delle conseguenze del reato con una diretta valenza restitutiva per la vittima ed educativa per l'autore del reato.


Riferimenti normativi

Gli spazi normativi in cui si realizzano le esperienze di mediazione penale minorile si individuano nel codice di procedura penale per i minorenni (D.P.R.448/88) e, più precisamente, nell'ambito delle indagini preliminari (art.9) durante l'udienza preliminare o nel dibattimento (art.27), nell'attuazione della sospensione del processo e messa alla prova (art.28), nell'applicazione delle sanzioni sostitutive della semidetenzione o della libertà controllata. Inoltre, la mediazione penale può essere realizzata in fase di esecuzione penale, nell'ambito della misura alternativa alla detenzione riferita all'art. 47 della L.354/75.

Il concetto di riparazione viene, inoltre, introdotto nel recente Regolamento di esecuzione dell'ordinamento penitenziario e delle misure privative della libertà personale (D.P.R. 230/2000).


Linee di indirizzo e raccomandazioni europee

Tra gli atti internazionali che costituiscono fonti di indirizzo primario si deve citare: Regole Minime per l'amministrazione della giustizia minorile (O.N.U., New York, 29 novembre 1985) sostiene l'utilizzo di misure extra-giudiziarie che comportino la restituzione dei beni e il risarcimento delle vittime.

Raccomandazione N.R (87) 20 sulle risposte sociali alla delinquenza minorile (Consiglio d'Europa, Strasburgo, 17 settembre 1987) che prevede per i minorenni l'opportunità di uscita dal circuito giudiziario e la ricomposizione del conflitto attraverso forme di "diversion" e "mediation", inoltre, viene raccomandato l'utilizzo di misure che comportino la riparazione del danno causato.

Un sostegno specifico all'introduzione della mediazione penale quale strumento di risoluzione dei conflitti proviene dalla Raccomandazione N.R (99) 19 del Consiglio d'Europa, adottata dal Comitato dei Ministri in data 15.9.1999.

Nella dimensione nazionale si colloca il documento "L'attività di Mediazione nell'ambito della giustizia penale minorile. Linee di indirizzo" elaborato dalla Commissione Nazionale Consultiva e di Coordinamento per i Rapporti tra il Ministero della Giustizia, le Regioni, gli Enti locali ed il Volontariato ed approvato in sede politica il 30 novembre 1999; il documento risponde all'obiettivo di promuovere l'attività di mediazione penale e di fornire orientamenti condivisi e unitari in merito alle modalità di attuazione.

Si veda anche il documento 'Mediazione e giustizia riparatoria nel sistema penale italiano'


Esperienze di mediazione penale minorile in Italia

Le prime iniziative in materia di mediazione penale minorile sono state avviate a Torino nel 1995 ed hanno poi interessato numerose altre sedi quali Milano, Bari, Trento. Le sperimentazioni si caratterizzano per il carattere interistituzionale che le contraddistingue, infatti, riguardando la vittima e l'autore del reato, coinvolgono conseguentemente il sistema penale e quello sociale.

Il modello organizzativo prevalente è costituito da un organismo, denominato "ufficio" o "centro per la mediazione penale", con sede autonoma rispetto al Tribunale per i Minorenni, con il quale collaborano operatori dei Servizi Minorili della Giustizia e dei servizi territoriali sociali e sanitari, esperti e volontari.

In attesa della determinazione del relativo profilo professionale, il ruolo di mediatore viene esercitato da operatori che avendo una formazione personale di carattere pedagogico, sociale o psicologico, abbiano partecipato a corsi di formazione specifici per l'attività di mediazione penale svolti da agenzie formative competenti in materia. Nelle sperimentazioni attuate, i corsi hanno rappresentato la fase preliminare all'avvio dell'attività di mediazione vera e propria ed hanno coinvolto operatori dipendenti dalla Giustizia Minorile, dalla Regione e dal Comune di riferimento, oltre che personale volontario.

Per disciplinare le modalità di collaborazione e gli impegni assunti dalle diverse Amministrazioni, sono stati siglati numerosi protocolli d'intesa con la firma o l'assenso del Presidente del Tribunale per i Minorenni e del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni, competenti per quel Distretto di Corte d'Appello.




sabato 4 aprile 2009

Coppia: Crisi Gestibili o Rotture Definitive?

Con il passare degli anni ci si è resi conto di quanto fosse importante prendere in considerazione due dimensioni insite nel soggetto: lo schema interno e il contesto in cui si è inseriti. Secondo quest’ottica la realtà non è più considerata assoluta e immutabile ma al contrario dipende dalla storia di ciascun partner nella propria famiglia di origine. Ogni coppia inevitabilmente attraversa determinati periodi che, se negativi, conducono i protagonisti della relazione ad affrontare crisi che, se pur passeggere, possono provocare una rottura all’interno del rapporto a causa di mancate risorse, utili a superare questi momenti.Una prima fase nella formazione di una coppia è l’innamoramento anche definito come un periodo di fusione in cui le differenze comportamentali tra i partner risultano essere desiderabili: l’uno risponde alle aspettative dell’altra e viceversa. Si ha, quindi, una idealizzazione di sé, dell’atro e del rapporto in cui ci si illude del fatto che l’uno riuscirà a soddisfare quei bisogni vitali che i genitori non hanno potuto soddisfare nell’infanzia dell’altra persona. Ed è proprio l’illusione di soddisfare ed essere soddisfatti che, a causa di una immaturità affettiva, può condurre ognuno dei due soggetti a provare una delusione nei confronti dell’altro. Questa immaturità affettiva e quindi la capacità di superare un periodo di crisi è da ricercare nelle relazioni ed esperienze che ciascun soggetto ha vissuto durante l’infanzia e attraverso il grado di individuazione e svincolo che i partner hanno raggiunto nei confronti delle proprie famiglie di origine. Ogni famiglia, infatti, ha un proprio stile che si riflette sullo sviluppo dei figli.La personalità di ciascun individuo, quindi, dipende dal contesto culturale in cui si è inseriti.Questo concetto emerse in un periodo compreso tra l’inizio e la fine della II Guerra Mondiale in cui un gruppo di studiosi quali la Horney, Fromm e Sullivan analizzando i fermenti di questa società emergente, presero le distanze dal pensiero freudiano e sottolinearono l’importanza delle dimensioni culturali, sociali e interpersonali della personalità.Karen Horney ha affermato che i conflitti possono condurre ad un particolare sviluppo della personalità come conseguenza di un insieme di situazioni che l’individuo vive in determinati contesti sociali.Secondo Erich Fromm la personalità è l’insieme delle qualità psichiche, ereditarie e acquisite che caratterizzano un individuo che ha vissuto in un determinato contesto culturale.Al contrario della Horney e di Fromm, Harry Stack Sullivan, invece, sottolinea quanto le relazioni interpersonali possono giocare un ruolo fondamentale nello sviluppo della personalità. Questa, infatti, è considerata come la somma delle relazioni interpersonali che il soggetto ha vissuto durante la sua esistenza.Anche la Gruppoanalisi, che nasce come ricerca clinica, prende in considerazione la dimensione sociale della vita psichica e trae le sue origini dall’antropologia, la sociologia, la biologia e la filosofia della scienza. Fondamentali sono i concetti di “relazione” e “matrice”.La Relazioneè considerata come una rete interattiva che lega in modo intimo le persone. La rete primaria è la famiglia ed è grazie ad essa che si costituiscono tutti quei processi che conducono alla formazione della personalità del soggetto. Altre reti sono costituite dal gruppo di amici, dai colleghi, dai superiori e sono proprio tutte queste che costituiscono una trama di comunicazioni intime che si sviluppa in una matrice.La Matrice è il mezzo psicologico, inconscio, attraverso il quale gli individui comunicano tra loro e nella matrice ritroviamo il patrimonio biologico e culturale dell’essere umano. È un sistema di interazioni.Sigmund Foulks, padre del pensiero Gruppoanalitico,distingue tre tipi di matrice. La prima, definita matrice di base, è la sede delle proprietà biologiche della specie e delle loro trasformazioni culturali per quel che riguarda i valori, gli atteggiamenti e le consuetudini. La seconda, la matrice dinamica, prende in considerazione la trasformazione di una situazione gruppale. La matrice personale, infine, trae le sue origini dal gruppo familiare e l’individuo dà significato a quelli che sono i suoi rapporti all’interno di questo gruppo.Secondo Napoletani (1987) l’individuo, identificandosi con i soggetti con i quali instaura un rapporto, costituisce una propria identità individuale. Avendo la facoltà di apprendere tutto ciò che il proprio ambiente è pronto a trasmettergli, comprese le “modalità relazionali”, si deduce che questa identità altro non è che il frutto dell’ambiente in cui si vive.Una coppia, quindi, è formata da due personalità differenti a cui si aggiungono l’ambiente sociale d’origine, la cultura, la lingua e la religione.Secondo Francoise Sand (2005) ognuno di noi ha uno “zaino” che si riempie a partire dalla prima infanzia. È la nostra storia ricca di emozioni, abitudini e tradizioni di cui non abbiamo piena coscienza. Importante è prendere coscienza del contenuto di questo zaino che, se rimane incomprensibile o insopportabile agli occhi del partner, allora il suo contenuto potrà diventare fonte di malinteso.
FABRIZIANI, A. (2008). Coppia: Crisi Gestibili o Rotture Definitive?. Firenze: PsicoLAB. Visionato il 04/04/2009 su http://www.psicolab.net

Pubblicato da Andromeda Associazione Culturale > Scarica qui la brochure di presentazione dell'Associazione Andromeda

Il Posto delle Donne

Dove, dopo tutto, cominciano i diritti umani universali? Nei piccoli luoghi, vicino a casa....., così vicini e così piccoli che non possono essere visti su una qualunque mappa del mondo. Eppure essi sono il mondo dell’individuo; il vicinato con cui egli vive; la scuola che frequenta; la fabbrica, la fattoria o l‘ufficio in cui lavora.Questi sono i luoghi in cui ogni uomo, donna o bambino cerca eguale giustizia, eguali opportunità, eguale dignità senza discriminazioni. Se questi diritti non hanno significato lì, hanno poco significato in qualunque altro luogo. Senza un’azione d’impegno civile per applicarli vicino a casa, cercheremo vanamente il progresso in un mondo più grande” (Eleanor Roosevelt, New York, 27 marzo 1958)

Con queste semplici e lucide parole Eleanor Roosevelt ci chiarisce la relazione esistente tra etica, politica e diritti umani. I diritti umani riguardano la sfera dei valori personali e, in quanto tali, richiedono sensibilità verso noi stessi, i luoghi e le persone a noi vicine. Questi diritti, dunque, non sono astratti; nascono e vengono rispettati a partire dalle relazioni più intime. Risulta sterile, oltre che puerile, attendersi che siano i governi ad operare in tal senso servendosi di una mirata politica. La politica, oltretutto, ha smesso da tempo immemorabile di assolvere alla sua funzione di mediatrice dei conflitti in vista del bene comune; al contrario, la politica è spesso responsabile di numerose guerre e, paradossalmente, risulta frequente la scelta di una guerra motivata da ragioni di pace, noncuranti delle conseguenze disastrose per la natura ed i più deboli. Le parole di Eleanor Roosevelt costituiscono un incitamento a ripristinare i valori di unicità e di sensibilità. Le guerre, ed ogni forma di omicidio razionalmente organizzato e preordinato, sono tollerate solo perché il nemico è un principio immateriale. Il singolo essere umano, privato del riconoscimento del suo carattere di unicità, svuotato di tutto ciò che ne fa una persona fisica reale, è ridotto ad un concetto generico ed astratto che cessa di essere un valore insostituibile; a quel punto la sua morte non suscita più orrore, diventa razionalmente ed emotivamente tollerabile. Come si pongono le donne nei confronti di questa alienazione generatrice di conflitti senza soluzione di continuità? Quale è oggi la loro reale posizione nei confronti dei diritti umani in generale e nello specifico verso diritti violati delle donne? Può l’arte ai nostri giorni costituire un antidoto contro barbarie e distruttività ed assolvere ad una funzione di sensibilizzazione per la salvaguardia di tali diritti? Possono ancora le donne essere promotrici e sostenitrici della pace intesa nel suo valore più profondo, come equilibrio e valorizzazione di tutti gli elementi costitutivi della società? È possibile tuttora sperare in un recupero da parte delle donne dell’anticha funzione di guaritrice perfettamente in osmosi con la natura, pur nel riconoscimento di quella differenza ed unicità che costituiscono la sua ricchezza? Anche nel mondo dell’arte la natura si è quasi completamente dissolta. Il panorama artistico delle culture occidentali industrializzate propone costantemente sperimentalismi spesso fini a sé stessi e slegati dalla realtà dell’umanità, che persino nelle condizioni più disperate tende sempre verso l’unità e l’universale. Nei romanzo Le tre ghinee” Virginia Woolf suggerisce una via di accesso alla costruzione della pace che parte dal basso, dall’educazione e dalla creatività, e per realizzare questo prezioso progetto offre tre ghinee. La ‘prima’ ghinea è offerta a condizione che sia ricostruito un college “giovane e povero”, mirato alla formazione di coloro che sapranno validamente contribuire alla prevenzione della guerra; in questo college saranno insegnate medicina, matematica, musica, pittura e letteratura, ma anche, e soprattutto, psicologia per comprendere la vita, gli altri e l’arte dei rapporti umani. La creatività avrà la priorità in tutti gli insegnamenti e sarà utilizzata per imparare l’arte di vivere, promuovere l’unione di corpo e mente. La competitività sarà bandita assieme all’esibizionismo, ai diplomi, ai sermoni e alle conferenze, a favore della libertà e della genuina voglia di imparare . La ‘seconda’ ghinea è offerta per aiutare le donne a guadagnarsi da vivere; perché guadagnarsi da vivere è la prima forma di emancipazione nei confronti del potere maschile; è la condizione che mantiene le donne lucide e critiche nei confronti di quell’embrione di insetto che altrove viene chiamato ‘dittatore’; quel tipo di ente umano convinto di avere il diritto, derivato da Dio, dalla natura, dal sesso o dalla razza, di imporre la propria volontà; “…che diritto abbiamo noi […] di predicare ad altri paesi i nostri ideali di libertà e giustizia, quando ogni giorno della settimana dai nostri giornali più influenti sbucano fuori insetti come questo?”. La visione della Woolf dunque, crea un collegamento tra conflitto di genere e conflitto di stati; anche se la condizione femminile sembra aver stabilito un maggior equilibrio di forza e potere. Di fatto lo squilibrio esiste ancora ed è molto lontano dall’essere stato risolto. Le quattro forme di dominio maggiori: razza, classe, genere e natura, rimangono tuttora roccaforti inaccessibili. La natura, le donne e i più deboli (nel loro processo di asservimento) sono ritenuti ancora elementi passivi, comparse silenziose, piuttosto che protagonisti di valore che finiscono con il costituire un invisibile sfondo utile ai veri protagonisti del potere assoluto. Virginia Woolf si rivela profetica a proposito del rapporto pace-donna e creatività quando si chiede: come sarà la donna che avrà pari opportunità maschili di accedere ai luoghi del sapere e del potere? Sarà essa in grado di non smarrire sé stessa nell’avidità di controllo? Potrà sottrarsi al rischio di divenire anch’essa possessiva, gelosa, aggressiva, troppo sicura di sé e del “giudizio immutabile di Dio, della Natura e della Proprietà”? Per questi motivi, la Woolfe pone una condizione al dono della seconda ghinea: che la beneficiaria si adoperi affinché una volta giunte in alto, queste nuove donne emancipate siano di aiuto a qualunque essere umano, senza distinzioni di sesso, razza o religione ad intraprendere la professione prescelta. La ‘terza’ ed ultima ghinea invece viene donata all’avvocato che le ha inviato la lettera, senza condizioni, in piena libertà in quanto: “l’unico diritto di supremo valore per tutti gli esseri umani, il diritto a guadagnarsi da vivere, è già stato conquistato”.Tuttavia la Wolfe si rifiuta di entrare a far parte dell’associazione di cui fa parte l’avvocato, nonostante la bontà della sua missione: la diffusione dei diritti dell’individuo, l’opposizione alla dittatura, il perseguimento dell’ideale democratico dell’uguaglianza di tutti i cittadini: “…così facendo annegheremo la nostra identità nella vostra; entreremo, riproducendoli e rendendoli ancora più profondi, dentro i vecchi slabbrati solchi lungo i quali la società […] va gracidando con insopportabile coralità: trecento milioni spesi per gli armamenti. Cancelleremmo la visione che la nostra esperienza della società ci ha aiutate a intravedere”. Piuttosto ella propone la fondazione di una nuovasocietà: la Società delle Estranee (così chiamata per essere coerente con i fatti della storia che riguardano le donne, della legge e della psicologia femminile). Una libera associazione di figlie degli uomini colti che si impegneranno a guadagnarsi da vivere, a far ottenere alle madri uno stipendio tale da permettere loro un pensiero e una volontà autonome, a denunciare ogni prevaricazione o abuso all’interno del lavoro, a non guadagnare più del necessario, a rifiutare qualsiasi partecipazione diretta o indiretta alla causa della guerra, a ritirarsi da ogni competizione, a rifiutare incarichi ed onori, a operare attività di verifica ed eventualmente di critica in tutti i campi (dalla religione alla scuola, dall’arte alla politica…). Una Società che persegue gli stessi fini dell’associazione dell’avvocato, ma che cerca di raggiungerli con mezzi diversi che provengono da ben altra educazione, da una specifica visione ed interpretazione del mondo che va molto al di là degli stretti confini maschili: “In quanto donna non ho patria. In quanto donna, la mia patria è il mondo intero”. La continua violenza alla quale le donne sono soggette, la dice lunga su quanto certi meccanismi di potere mantengano inalterati certi squilibri a favore delle classi e dei generi e delle nazioni dominanti. È innegabile che ci sono stati indubbi miglioramenti nella condizione femminile specie nei paesi maggiormente industrializzati, ma queste conquiste non rappresentano un dato di fatto, un diritto acquisito ad Aeternum. L’abuso nei confronti dei più deboli è una pratica costantemente in agguato e le donne, soprattutto quelle più povere e meno colte, sono tuttora quelle più esposte. Saranno le donne a fare la pace? dice David Grossman nel suo libro A un cerbiatto somiglia il mio amore;noi non possiamo che augurarcelo,maper fare la pace le donne devono abbracciare la via della disobbedienza nei confronti di un sistema politico promotore di conflitti senza soluzione di continuità, iniziando a rifiutare il linguaggio astratto ed ideale per calarsi in una dimensione maggiormente corporea ed emozionale, ripristinando e valorizzando le sue naturali capacità di empatia. La ricerca della pace è soprattutto un affinamento di sensibilità; grazie ad essa possiamo renderci conto di quanto la conoscenza abbia bisogno di minare l’ignoranza; la compassione di dissolvere l’intolleranza; l’attivismo coordinato di sostituire l’accettazione passiva e la disperazione; il dialogo di sostituire la sterile recriminazione; la giustizia innovativa di prendere il posto della vendetta; la moralità di sostituire le aride speculazioni del commercio e degli affari; ed il riconoscimento della universalità dei diritti umani di divenire una piattaforma comune imprescindibile ed inalienabile.

IURILLI DUHAMEL, A. (2009). Il Posto delle Donne Creatività e Diritti Umani. Firenze: PsicoLAB. Visionato il 04/04/2009 su http://www.psicolab.net

Pubblicato da Andromeda Associazione Culturale > Scarica qui la brochure di presentazione dell'Associazione Andromeda

venerdì 20 marzo 2009

Ddl sicurezza, medici in rivolta. "Sarà obiezione di coscienza"


Fanno appello al codice deontologico, invitano a praticare il dissenso, chiamano all'obiezione di coscienza. Un fronte ampio e trasversale di camici bianchi si è schierato contro la norma votata al Senato che prevede la denuncia da parte dei medici degli stranieri irregolari. Non è un dissenso formale, quello che esprimono, è una preoccupazione che assedia i luoghi della salute e le coscienze. Si rischia, dicono, una catastrofe sanitaria, una sanità clandestina gestita da gruppi etnici e religiosi, una deriva giuridica. Spiega preoccupato Amedeo Bianco, presidente della Fnomceo, Federazione degli ordini dei medici: "È una norma che va contro l'etica e la deontologia e va contro il principio base della tutela della salute pubblica". Gli irregolari, temendo la denuncia, potrebbero "non curarsi più in strutture riconosciute, creando fenomeni clandestini di cura molto rischiosi". Di "grave rischio" parla anche il segretario della Federazione dei medici di famiglia, Giacomo Milillo: "Un clandestino potrebbe non rivolgersi alla struttura sanitaria per paura di essere denunciato". Con la possibilità che si diffondano malattie come scabbia, tbc, malaria. No anche dal fronte dei medici cattolici, sostenuti dalla Cei: "Alla Chiesa competerà sempre di aiutare le persone in pericolo di vita e non sono obbligato a denunciare nessuno", ha detto Domenico Segalini, segretario della commissione Cei per le migrazioni. Circola tra le file dell'opposizione e dei sindacati un invito ad esercitare l'obiezione di coscienza. Carlo Podda, segretario generale della Fp Cgil, annuncia che "verranno valutate le iniziative più efficaci per scongiurare l'applicazione di questa norma, prime tra tutte la disobbedienza civile e l'obiezione di coscienza". Anche Vittorio Agnoletto e Giusto Catania, eurodeputati del Prc, propongono "all'Ordine dei medici di avviare una campagna per l'obiezione di coscienza". E l'immunologo Fernando Aiuti, del Partito della Libertà, presidente della Commissione Speciale Politiche Sanitarie del Comune di Roma dice chiaramente: "Mi auguro che i medici disobbediscano". Dicono no alla norma voluta dalla Lega anche i medici che da sempre combattono in prima linea. "Siamo sconcertati - dichiara Kostas Moschochoritis, direttore generale di Medici senza frontiere Italia - È una scelta che sancisce la caduta del principio del segreto professionale".
"Delusi e preoccupati" i pediatri. In una nota la Società italiana di pediatria ricorda che "la denuncia da parte del medico degli immigrati clandestini mette in pericolo soprattutto i bambini". Che rischiano di diventare invisibili. Ed è stata una pediatra di Modena, Maria Catellani, a diffondere, già da dicembre, un appello su internet contro la norma. "Abbiamo raccolto 78 mila firme, c'è veramente una differenza di sentire tra la cosiddetta società civile e la politica". Anche su Facebook è stato aperto un gruppo che in pochissimo tempo ha raccolto centinaia di adesioni.

Sesso sui minori, lo fanno i 30enni. Italia quinta tra i paesi "carnefici"


RIO DE JANEIRO - I numeri che illustrano il fenomeno dello sfruttamento sessuale di bambine, bambini e adolescenti in tutto il mondo fanno davvero paura. E ci presentano un pianeta popolato da mostri, spesso senza volto, nascosti nei computer dei ragazzini, o con la faccia insospettabile di un parente, un amico di famiglia, un vicino di casa abbronzato, di ritorno da un viaggio esotico. Sono 150 milioni le bambine e circa 75 milioni i minorenni sotto i 18 anni che hanno avuto rapporti sessuali forzati o subito violenze sessuali, con o senza sfruttamento commerciale. Ann M. Veneman, direttrice generale dell'Unicef, prima dell'inaugurazione del terzo congresso mondiale contro gli abusi sui minori, ieri ha detto: "Nessun Paese è immune, non esistono spettatori innocenti di fronte a questa tragedia globale del nostro tempo".Fortemente voluto dal presidente brasiliano Luiz Inacio Lula Da Silva, questo terzo meeting mondiale sullo sfruttamento sessuale dei minori - dopo quelli di Stoccolma e di Yokohama - sembra avere l'ambizione di ripartire dai dati agghiaccianti sulle proporzioni del fenomeno della pedofilia e della pedopornografia nel mondo (un volume d'affari, secondo l'ONU, di 32 miilardi di dollari) per andare oltre e proporre soluzioni ai governi e al mondo in termini di prevensione. Al meeting partecipano circa 3000 persone e sono rappresentati 125 stati (per l'Italia c'è il ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna) ed avrà come ospiti d'onore il presidente russo Dmitri Medvedev e la regina Silvia di Svezia.Ecco, dunque, il profilo del fenomeno che emerge dal congresso. Dal punto di vista dello sfruttamento sessuale dei minori, il mondo si divide tra "donatori di vittime" ed "esportatori di carnefici". Tra i primi vanno annoverati, in ordine sparso, Thailandia, Brasile, Kenia, Venezuela, S. Domingo, Guatemala, Cambogia e diversi altri stati africani, del sud est asiatico e dell'Amerca Latina. Tra i secondi, un ruolo importante è riservato all'Italia, che occupa il quinto posto nella poco onorevole classifica dei paesi "cacciatori di bambini", dopo Usa, Germania, Francia, Australia. Un esercito di centinaia di migliaia di persone, con un'età drammaticamente in calo rispetto a 10-15 anni fa, che oggi si attesta tra i 25 e i 30 anni, che parte verso "i paradisi del sesso pedofilo" molti dei quali evidentemente ignari del fatto che ormai il reato di abuso sessuale sui minori è punibile dalla legge italiana, anche quando l'abuso avviene all'estero.Le ragioni dell'abbassamento della soglie d'età le spiega Marco Scarpati, presidente di ECPAt Italia, acronino di End Child Prostitution Pornography and Trafficking", una rete internazionale di organizazioni impegnate nella lotta contro ogni forma di sfruttamento sessuale e commerciale dei minori."Tutto nasce da un'idea di sessualità costruita su internet - dice Scarpati - dove vige l'esercizio virtuale di una sessualità priva di affetto e rispetto tra persone. Dove, in sostanza, prevale un modello di sesso che non è quasi mai di coppia e spesso ispirato alla violenza, o comunque al puro e semplice soddisfacimento di pulsioni. Ne deriva l'abitudine ad una sessualità irreale, che però quando poi si misura con la realtà, cioè nell'incontro concreto con l'altro sesso, si scontra con l'impossibilità di mettere in pratica i modelli acquisiti nella pratica solo virtuale del sesso. Questo - sostiene Scarpati - spesso induce persone sempre più giovani a scegliere la via del sesso a pagamento con minorenni, più addomesticabili degli adulti, proprio perché piu'deboli e soprattutto poveri".Tra i contributi di ECPAT al meeting ci sarà quello di individuare nuove procedure, meno traumatizzanti per i bambini, in occasione di processi a pedofili. "In Italia le leggi per combattere e punire questi reati ci sono e sono anche buone - ha detto ancora Scarpati, autore, tra l'altro, di un saggio sul tema: "Il rumore dell'erba che cresce" - il problema è che si fa fatica ad applcarle. Così come risultano vecchi i metodi di approccio per stabilire la verità durante i dibattimenti nei quali sono coinvolte bambine e bambini, vittime di abusi sessuali".L'idea-guida del congresso sembra essere dunque quella di prevenire, oltre che combattere e punire, i responsabili di questo genere di violenza sui minori, capace di lasciare tracce indelebili su chi la subisce, fino ad inibire una normale vita di relazione. I terreni individuati per tentare di arginare il fenomeno sono diversi. In primo luogo - si dirà durante il meeting - nel diffondere nelle scuole, in famiglia, e attraverso i Media un'idea della sessualità legata al rispetto e all'amore tra due persone. Non è educazione sessuale in senso classico, ma qualcosa di più e di diverso, che dovrà accompagnare, con lo sforzo di tutti gli stati, la crescita delle nuove generazioni. C'è poi il versante on line. Qui la prevenzione appare assai più complicata. La rete - dicono i rappresentati del'Unicef - sfugge ad ogni controllo.Qualche tempo fa, ad esempio, è stato fatto un esperimento per testare la capacità reattiva dei pedofili su internet. Per circa 14 ore è stato messo in circolazione un "filmato-esca" di una bambina di 5 anni sottoposta a inguardabili sevizie sessuali. Bene, solo in quell'arco di tempo, e prima di essere tolto di mezzo, quel film è stato scaricato migliaia di volte. Nel frattempo, qualcosa si sta facendo. ECPAT, assieme all'Università di Tor Vergata e il CNR hanno lanciato un software contro i rischi di adescamento e l'invio-scambio di foto dal contenuto sessuale su Messenger. Si chiama "Virtual parent", si installa nel pc e fa le veci dei genitori, che possono così controllare la lista dei nuovi contatti e dei file scambiati.
Fonte: http://www.repubblica.it/




giovedì 12 marzo 2009

Il potere da' alla testa

L'esperienza lo ha dimostrato molte volte nel corso della storia, ma ora la conferma arriva dagli scienziati: il potere dà alla testa. Dunque non è un caso che le azioni dei potenti spesso lascino perplessi, dai leader politici che si lanciano nei conflitti senza calcolarne i costi in termini di tempo, denaro e vite umane, fino ai manager avventurosi che avviano operazioni economiche azzardate, intaccando le finanze di compagnie e investitori. E perfino le persone più ordinarie sembrano all'improvviso ebbre di pretese di invincibilità, dopo una sia pur piccola promozione in ufficio. Con conseguenze che possono essere devastanti per sé e per gli altri, ammoniscono i ricercatori diretti da Nathanael Fast e Deborah Gruenfeld della Stanford Graduate of Business, autori di uno studio pubblicato su 'Psychological Science'.Gli scienziati, insieme a colleghi della Northwestern University, hanno indagato sulle illusioni generate dal potere. Concludendo che questo "può letteralmente dare alla testa, spingendo gli individui a credere di avere molto più controllo sui risultati delle proprie azioni rispetto alla realtà". Adam Galinsky della Northwestern University spiega: "Abbiamo condotto quattro esperimenti per esplorare le relazioni tra potere e illusione di controllo, cioè la convinzione di avere l'abilità di influenzare risultati che sono in larga parte determinati dal caso". In questo modo i ricercatori hanno visto che basta impegnarsi nel gioco di ruolo 'manager-sottoposto', stando dalla parte del capo, per subire le illusioni legate al potere."Oltretutto, l'idea di essere in grado di controllare un risultato dovuto invece al caso porta a un ottimismo irrealistico e gonfia l'autostima", assicura lo studioso. Così ci si sente onnipotenti, e si finisce per perdere di vista la realtà. I risultati della ricerca influenzano anche il modo in cui il potere, una volta raggiunto, viene mantenuto o perso. Secondo gli scienziati, infatti, le illusioni positive possono essere utili ai potenti nel riuscire a far sembrare possibile l'impossibile. Insomma, regalano carisma e capacità di trascinare gli altri. Ma la relazione tra potere e controllo illusorio può spingere i leader a scelte azzardate e sbagliate, scalzandoli così dal vertice. "Insomma, l'illusione di un controllo personale sulle cose potrebbe essere una delle strade attraverso le quali il potere provoca la sua stessa fine", conclude Galinsky.

DECRETO LEGGE 23 febbraio 2009, n. 11


DECRETO LEGGE 23 febbraio 2009, n. 11
GU n. 45 del 24-2-2009
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICAVisti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Ritenuta la straordinaria necessita’ ed urgenza di introdurre misure per assicurare una maggiore tutela della sicurezza della collettivita’, a fronte dell’allarmante crescita degli episodi collegati alla violenza sessuale, attraverso un sistema di norme finalizzate al contrasto di tali fenomeni e ad una piu’ concreta tutela delle vittime dei suddetti reati, all’introduzione di una disciplina organica in materia di atti persecutori, ad una piu’ efficace disciplina dell’espulsione e del respingimento degli immigrati irregolari, nonche’ ad un piu’ articolato controllo del territorio;
Ritenuto, pertanto, di anticipare talune delle norme contenute in disegni di legge gia’ approvati da un ramo del Parlamento in materia di sicurezza pubblica e di atti persecutori;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 20 febbraio 2009;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro dell’interno, del Ministro della giustizia e del Ministro per le pari opportunita’, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle politiche agricole alimentari e forestali, della gioventu’, per la pubblica amministrazione e l’innovazione, per la semplificazione normativa, per le riforme per il federalismo, della difesa e per le politiche europee;
Emanail seguente decreto-legge:

CAPO I
Disposizioni in materia di violenza sessuale, esecuzione dell’espulsione e controllo del territorioArt. 1.Modifiche al codice penale1. All’articolo 576, primo comma, del codice penale, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il n. 5) e’ sostituito dal seguente: «5) in occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies; »;
b) dopo il numero 5) e’ inserito il seguente: «5.1) dall’autore del delitto previsto dall’articolo 612-bis; ».Art. 2.Modifiche al codice di procedura penale1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 275, comma 3, le parole: «all’articolo 416-bis del codice penale o ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attivita’ delle associazioni previste dallo stesso articolo» sono sostituite dalle seguenti: «all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, nonche’ in ordine ai delitti di cui agli articoli 575, 600-bis, primo comma, 600-ter, escluso il quarto comma, 600-quinquies, 609-bis, escluso il caso previsto dal terzo comma, 609-quater e 609-octies del codice penale,»;
b) all’articolo 380, comma 2, dopo la lettera d) e’ inserita la seguente: «d-bis) delitto di violenza sessuale previsto dall’articolo 609-bis, escluso il caso previsto dal terzo comma, e delitto di violenza sessuale di gruppo previsto dall’articolo 609-octies del codice penale; ».Art. 3.Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 3541. Al comma 1 dell’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo periodo, dopo la parola: «600,» sono inserite le seguenti: «600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma,» e dopo la parola: «602» sono inserite le seguenti: «, 609-bis, escluso il caso previsto dal terzo comma, 609-ter, 609-quater, primo comma, 609-octies»;
b) al quarto periodo, le parole: «600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-octies» sono sostituite dalle seguenti: «600-bis, secondo e terzo comma, 600-ter, terzo comma, 600-quinquies e 609-quater, secondo comma».Art. 4.Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 1151. All’articolo 76 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, dopo il comma 4-bis e’ aggiunto il seguente:
«4-ter. La persona offesa dai reati di cui agli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale puo’ essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto.».Art. 5.Esecuzione dell’espulsione1. Al comma 5 dell’articolo 14 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Trascorso tale termine, in caso di mancata cooperazione al rimpatrio del cittadino del Paese terzo interessato o di ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi, il questore puo’ chiedere al giudice di pace la proroga del trattenimento per un periodo ulteriore di sessanta giorni. Qualora persistano le condizioni di cui al periodo precedente, il questore puo’ chiedere al giudice una ulteriore proroga di sessanta giorni. Il periodo massimo complessivo di trattenimento non puo’ essere superiore a centottanta giorni. Il questore, in ogni caso, puo’ eseguire l’espulsione ed il respingimento anche prima della scadenza del termine prorogato, dandone comunicazione senza ritardo al giudice di pace.».
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea anche se gia’ trattenuti nei centri di identificazione e espulsione alla data di entrata in vigore del presente decreto.Art. 6.Piano straordinario di controllo del territorio1. Al fine di predisporre un piano straordinario di controllo del territorio, al comma 22 dell’articolo 61 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, che ha autorizzato le Forze di polizia ed il Corpo dei vigili del fuoco ad effettuare, in deroga alla normativa vigente, assunzioni entro il limite di spesa pari a 100 milioni di euro annui, le parole: «con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare entro il 30 aprile 2009», contenute nel terzo periodo dello stesso comma 22, sono sostituite dalle seguenti: «con decreto del Presidente della Repubblica, da adottarsi su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e l’innovazione, dell’interno e dell’economia e delle finanze, entro il 31 marzo 2009».
2. In attesa dell’adozione del decreto di cui al quarto periodo del comma 23 dell’articolo 61 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, le risorse oggetto di confisca versate all’entrata del bilancio dello Stato successivamente alla data di entrata in vigore del predetto decreto-legge sono immediatamente riassegnate nel limite di 100 milioni di euro per l’anno 2009, a valere sulla quota di cui all’articolo 2, comma 7, lettera a), del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, per le urgenti necessita’ di tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico, al Ministero dell’interno e nel limite di 3 milioni di euro per l’anno 2009, per sostenere e diffondere sul territorio i progetti di assistenza alle vittime di violenza sessuale e di genere, al Fondo nazionale contro la violenza sessuale e di genere di cui all’articolo 1, comma 1261, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
3. I sindaci, previa intesa con il prefetto, possono avvalersi della collaborazione di associazioni tra cittadini non armati al fine di segnalare alle Forze di polizia dello Stato o locali, eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale.
4. Le associazioni sono iscritte in apposito elenco tenuto a cura del prefetto, previa verifica da parte dello stesso, sentito il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, dei requisiti necessari previsti dal decreto di cui al comma 6. Il prefetto provvede, altresi’, al loro periodico monitoraggio, informando dei risultati il Comitato.
5. Tra le associazioni iscritte nell’elenco di cui al comma 4 i sindaci si avvalgono, in via prioritaria, di quelle costituite tra gli appartenenti, in congedo, alle Forze dell’ordine, alle Forze armate e agli altri Corpi dello Stato. Le associazioni diverse da quelle di cui al presente comma sono iscritte negli elenchi solo se non siano destinatarie, a nessun titolo, di risorse economiche a carico della finanza pubblica.
6. Con decreto del Ministro dell’interno, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono determinati gli ambiti operativi delle disposizioni di cui ai commi 3 e 4, i requisiti per l’iscrizione nell’elenco e sono disciplinate le modalita’ di tenuta dei relativi elenchi.
7. Per la tutela della sicurezza urbana, i comuni possono utilizzare sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
8. La conservazione dei dati, delle informazioni e delle immagini raccolte mediante l’uso di sistemi di videosorveglianza e’ limitata ai sette giorni successivi alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione.


CAPO II
Disposizioni in materia di atti persecutori
Art. 7.Modifiche al codice penale1. Dopo l’articolo 612 del codice penale e’ inserito il seguente:
«Art. 612-bis (Atti persecutori). - Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, e’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumita’ propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La pena e’ aumentata se il fatto e’ commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.
La pena e’ aumentata fino alla meta’ se il fatto e’ commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilita’ di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
Il delitto e’ punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela e’ di sei mesi. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto e’ commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilita’ di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonche’ quando il fatto e’ connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.»


CAPO II
Disposizioni in materia di atti persecutori
Art. 8.Ammonimento1. Fino a quando non e’ proposta querela per il reato di cui all’articolo 612-bis del codice penale, introdotto dall’articolo 7, la persona offesa puo’ esporre i fatti all’autorita’ di pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta. La richiesta e’ trasmessa senza ritardo al questore.
2. Il questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti e’ stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale e’ rilasciata al richiedente l’ammonimento e al soggetto ammonito. Il questore valuta l’eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi e munizioni.
3. La pena per il delitto di cui all’articolo 612-bis del codice penale e’ aumentata se il fatto e’ commesso da soggetto gia’ ammonito ai sensi del presente articolo.
4. Si procede d’ufficio per il delitto previsto dall’articolo 612-bis del codice penale quando il fatto e’ commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo.


CAPO II
Disposizioni in materia di atti persecutori
Art. 9.Modifiche al codice di procedura penale1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo l’articolo 282-bis sono inseriti i seguenti:
«Art. 282-ter (Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa). - 1. Con il provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prescrive all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa.
2. Qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice puo’ prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o da tali persone.
3. Il giudice puo’, inoltre, vietare all’imputato di comunicare, attraverso qualsiasi mezzo, con le persone di cui ai commi 1 e 2.
4. Quando la frequentazione dei luoghi di cui ai commi 1 e 2 sia necessaria per motivi di lavoro ovvero per esigenze abitative, il giudice prescrive le relative modalita’ e puo’ imporre limitazioni.
«Art. 282-quater (Obblighi di comunicazione). - 1. I provvedimenti di cui agli articoli 282-bis e 282-ter sono comunicati all’autorita’ di pubblica sicurezza competente, ai fini dell’eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni. Essi sono altresi’ comunicati alla parte offesa e ai servizi socio-assistenziali del territorio.»;
b) all’articolo 392, il comma 1-bis e’ sostituito dal seguente:
«1-bis. Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 612-bis, 600, 600-bis, 600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 601 e 602 del codice penale il pubblico ministero, anche su richiesta della persona offesa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all’assunzione della testimonianza di persona minorenne ovvero della persona offesa maggiorenne, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1.»;
c) al comma 5-bis dell’articolo 398:
1) le parole: «e 609-octies» sono sostituite dalle seguenti: «, 609-octies e 612-bis»;
2) le parole: «vi siano minori di anni sedici» sono sostituite dalle seguenti: «vi siano minorenni»;
3) le parole: «quando le esigenze del minore» sono sostituite dalle seguenti: «quando le esigenze di tutela delle persone»;
4) le parole: «l’abitazione dello stesso minore» sono sostituite dalle seguenti: «l’abitazione della persona interessata all’assunzione della prova»;
d) al comma 4-ter dell’articolo 498:
1) le parole: «e 609-octies» sono sostituite dalle seguenti: «, 609-octies e 612-bis»;
2) dopo le parole: «l’esame del minore vittima del reato» sono inserite le seguenti: «ovvero del maggiorenne infermo di mente vittima del reato».Art. 10.Modifica all’articolo 342-ter del codice civile1. All’articolo 342-ter, terzo comma, del codice civile, le parole:
«sei mesi» sono sostituite dalle seguenti: «un anno».Art. 11.Misure a sostegno delle vittime del reato di atti persecutori1. Le forze dell’ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche che ricevono dalla vittima notizia del reato di atti persecutori, di cui all’articolo 612-bis del codice penale, introdotto dall’articolo 7, hanno l’obbligo di fornire alla vittima stessa tutte le informazioni relative ai centri antiviolenza presenti sul territorio e, in particolare, nella zona di residenza della vittima. Le forze dell’ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche provvedono a mettere in contatto la vittima con i centri antiviolenza, qualora ne faccia espressamente richiesta.Art. 12.Numero verde1. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le pari opportunita’ e’ istituito un numero verde nazionale a favore delle vittime degli atti persecutori, attivo ventiquattro ore su ventiquattro, con la finalita’ di fornire, nei limiti di spesa di cui al comma 3 dell’articolo 13, un servizio di prima assistenza psicologica e giuridica da parte di personale dotato delle adeguate competenze, nonche’ di comunicare prontamente, nei casi di urgenza e su richiesta della persona offesa, alle forze dell’ordine competenti gli atti persecutori segnalati.


CAPO III
Disposizioni finali
Art. 13.Copertura finanziaria1. Agli oneri derivanti dall’articolo 5 valutati in euro 35.000.000 per l’anno 2009, in euro 87.064.000 per l’anno 2010, in euro 51.467.950 per l’anno 2011 e in euro 55.057.200 a decorrere dall’anno 2012, di cui euro 35.000.000 per l’anno 2009, euro 83.000.000 per l’anno 2010, euro 21.050.000 per l’anno 2011 destinati alla costruzione e ristrutturazione dei Centri di identificazione e di espulsione, si provvede:
a) quanto a 35.000.000 di euro per l’anno 2009, 64.796.000 euro per l’anno 2010 e 48.014.000 euro a decorrere dall’anno 2011, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell’ambito del programma «Fondi di riserva speciali»della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, per l’anno 2009, allo scopo utilizzando gli accantonamenti di cui alla allegata Tabella 1;
b) quanto a 3.580.000 euro per l’anno 2010, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell’ambito del programma «Fondi di riserva speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, per l’anno 2009, allo scopo utilizzando gli accantonamenti di cui alla allegata Tabella 2;
c) quanto a 18.688.000 euro per l’anno 2010, 3.453.950 euro per l’anno 2011, e 7.043.200 euro a decorrere dall’anno 2012, mediante corrispondente riduzione della dotazione del fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
2. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui all’articolo 5, anche ai fini dell’adozione dei provvedimenti correttivi di cui all’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Gli eventuali decreti adottati ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, numero 2), della citata legge n. 468 del 1978, prima della data di entrata in vigore dei provvedimenti di cui al presente comma, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.
3. Per le finalita’ di cui all’articolo 12 e’ autorizzata la spesa annua di 1.000.000 di euro a decorrere dall’anno 2009. Al relativo onere si provvede mediante utilizzo dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, come rideterminata dalla Tabella C allegata alla legge 22 dicembre 2008, n. 203.
4. Dall’attuazione delle restanti disposizioni del presente decreto non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
5. Il Ministro dell’economia e delle finanze e’ autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


CAPO III
Disposizioni finali
Art. 14.Entrata in vigore1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sara’ presentato alle Camere per la conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara’ inserito nella Raccolta ufficiale degli atti nomativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addi’ 23 febbraio 2009

NAPOLITANOBerlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri

Maroni, Ministro dell’interno

Alfano, Ministro della giustizia

Carfagna, Ministro per le pari opportunita’

Tremonti, Ministro dell’economia e delle finanze

Prestigiacomo, Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare

Zaia, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali

Meloni, Ministro della gioventu’

Brunetta, Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione

Calderoli, Ministro per la semplificazione normativa

Bossi, Ministro per le riforme per il federalismo

La Russa, Ministro della difesa

Ronchi, Ministro per le politiche europee

Visto, il Guardasigilli: Alfano