
In ogni momento della nostra vita siamo immersi nella comunicazione. Anche quando pensiamo di nonesserlo. Ogni volta che guardiamo uno spettacolo od un film, ad esempio, la comunicazione avviene traquei protagonisti e le emozioni ed i pensieri che esse suscitano in noi; così anche quando leggiamo unlibro, sfogliamo una rivista, ascoltiamo della musica, osserviamo un dipinto…Quante volte capita di sentir dire che quell’artista è un incompreso, termine che è relativo allacomunicazione pura :“non ti comprendo”, non capisco cosa vuoi dire”.Ecco che allora mandare a memoria piccole strategie di comunicazione possono risultare di indubbio valoreogni qual volta ci sentiamo incompresi, o capiamo che l’altro si sente incompreso.Una piccola quanto potente ci viene offerta da Gordon che ha coniato una tecnica definita ascolto attivo.Attraverso l’uso di questa tecnica si arriva ad un livello della comunicazione che oltrepassa leincomprensioni dovute al non ascolto o all’ascolto parziale dell’altro. Ogni volta che ci sentiamo ringraziareper come abbiamo ascoltato l’altro, od ogni volta che ci sentiamo a nostra volta ben ascoltati è perché chiascolta è centrato su quello e basta, ha cioè spostato il suo sentire su chi parla ed ha ben distinto il sédall’altro.Gordon dice che per un buon ascolto è necessario seguire 4 passi:1. L’ascolto passivo: è il momento di silenzio interiore (e possibilmente anche esteriore), di chi è in ascolto.Ascoltare in silenzio permette all’altro di esporre senza essere interrotto. È così che percepisce l’attenzioneche gli viene rivolta.Aggiungerei che questa fase permette a chi ascolta di entrare in contatto anche con le proprie emozioni edi distinguere ciò che gli appartiene da ciò che appartiene al suo interlocutore. Questo io lo definiscoascolto emotivo, e lo ritengo un punto fondamentale da aggiungere ai passi definiti da Gordon, affinché ilrisultato ottenuto sia il migliore possibile. È infatti indispensabile capire quando un’emozione appartiene ame stesso oppure all’altro, perché mi permette di ricordare che non sempre le stesse esperienze o lestesse situazioni possono suscitare uguali emozioni.2. Messaggi di accoglimento: Sono sia messaggi verbali (“ti ascolto”, “sto cercando di capire”..); chemessaggi non verbali (cenni del capo, sguardo, sorriso…). Tutti quei messaggi cioè che sottolineanol’atteggiamento di ascolto.3. Inviti calorosi: Messaggi verbali che incoraggiano chi parla ad approfondire quanto sta dicendo(“dimmi..”, “spiegami meglio”..) senza valutare o giudicare ciò che viene detto.L’assenza di giudizio è fondamentale al raggiungimento di una corretta comunicazione fra le parti. Lasocietà in cui viviamo ci abitua fin da piccoli che giudicare ed essere giudicati è parte integrante dellanostra vita. Io non sono molto d’accordo. Il giudizio è una punta di valore che rimandiamo all’altro: seibravo, sei insufficiente, sei bello , sei brutto, sei buono, sei cattivo…. Nessuno però ci insegna quanto pesoportano con sé gli aggettivi che noi usiamo con tanta disinvoltura. Per fortuna Rogers lo fa.Ci ricorda che gli aggettivi definiscono l’altro per come noi lo percepiamo, ma non è detto che l’altro sia o sisenta così realmente. Ogni volta che usiamo un aggettivo quindi dovremmo ricordarci che stiamo definendol’altro, nel bene e nel male. A volte portare il peso di “sei buono” equivale a quello di “sei cattivo”: Non cilascia liberi di muoverci come vorremmo, perché mentalmente costretti a rispettare l’immagine sociale chegli altri hanno di noi. Questo non significa ovviamente che gli aggettivi debbano essere aboliti dal linguaggio
Fonte Psicolab - L’Ascolto Attivo di Ilaria Gheri
Pubblicato da Andromeda Associazione Culturale >
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