MEDIAZIONE:"attività di chi si interpone tra due o più persone per facilitarne le relazioni e gli accordi""Azione svolta da terzi per il raggiungimento di un incontro e di un accordo...
MEDIATORE:"persona o ente che intervenga per determinare l’incontro e l’accordo di due parti""elemento determinante nello stabilire un rapporto di conciliazione o di compromesso "
Nel vocabolario di latino "MEDIUM" sta ad indicare "ciò che sta nel mezzo" o anche "sforzo intermedio o interno".Da tali definizioni emerge la necessità della presenza di un terzo (imparziale) a svolgere la funzione di mediazione e due finalità della stessa:"l’incontro" e "l’accordo".L’azione del mediare è sempre posta tra almeno due parti e il mediatore diviene un canale, una via di comunicazione preferita quando il rapporto è difficile.Chi sta vivendo un conflitto sa bene quanto sia difficile uscire dal vissuto emotivo per instaurare un registro di razionalità che permetta di poter discutere del problema, il riferimento ad un terzo è quindi una garanzia, un mezzo appunto di comunicazione. Il terzo rappresenta l’istanza razionale, la possibilità di spostare il conflitto da un piano emozionale ad uno di possibile analisi ed elaborazione. Il tentativo, quindi, della mediazione sistemica-relazionale è quello di:
a) creare uno spazio, una prospettiva dalla quale poter vedere la cosa in modo diverso, un luogo virtuale nel quale potersi incontrare, riconoscendo che cosa sta succedendo e che cosa si sta giocando; b) la capacità di interrompere la catena delle reazioni emotive, di separarsi dalle emozioni per poterle riconoscere (ciò spiega il perché la mediazione familiare è spesso considerata un intervento specializzato di counselling). La mediazione familiare è una metodologia di aiuto alla coppia in un momento particolare del ciclo vitale della famiglia, cioè in un momento di crisi (dover affrontare un evento critico del ciclo vitale). Essa può essere utilizzata nei vari momenti del processo di crisi: a) nella fase della presa di decisione (se separarsi o meno);b) nella fase legale della separazione;c) nella fase post-sentenza;d) durante il lungo processo di elaborazione psicologia del "lutto";e) in occasione della revisione dell’affidamento dei figli. La mediazione familiare, offre alla coppia un contesto strutturato, con la presenza di un terzo elemento neutrale (imparziale), "il mediatore", atto a favorire le potenzialità evolutive della crisi e del conflitto, in particolar modo in funzione dello sviluppo e della maturazione dei figli, rendendo i genitori protagonisti delle decisioni che riguardano la relazione affettiva ed educativa con i figli.
Elemento centrale di ogni mediazione è quindi l’assunzione o la riassunzione della responsabilità genitoriale da parte della coppiaed il rifiuto della delega ad un terzo, sia esso un giudice o un consulente.
La mediazione riapre uno spazio comunicativo all’interno della coppia separata, permettendo di ridefinire confini e relazioni e quindi di raggiungere accordi che siano fondati, stabili il più possibile nel tempo perché nati da una consapevolezza; spesso accade, invece, che gli accordi legali siano generici e superficiali o, in caso di elevata litigiosità, siano delegati dalla coppia ad un terzo esterno, cioè ad un giudice, che si assume, utilizzando strumenti talvolta non adeguati, la responsabilità decisionale che di fatto spetterebbe ai genitori. Dove è nata la MediazioneLa mediazione è nata negli USA; inizialmente si parlava di mediazione per le controversie di lavoro, nel periodo della prima guerra mondiale, poi il concetto si è molto esteso, allargandosi alla mediazione familiare; questo intervento è nato come reazione al modo in cui venivano affrontate nella cultura legale americana le separazioni ed i divorzi, esasperando cioè la conflittualità e la competizione. Nella coppia ci doveva sempre essere un vincitore e un vinto, gli avvocati, per motivi economici, si occupavano soprattutto di far raggiungere quel certo "oggetto" del contendere, non si occupavano né dei membri della coppia (il vissuto psicologico, la sofferenza e il dolore che la rottura del legame comporta, non veniva affrontato), né dell’interesse dei figli minori. Un gruppo di avvocati e di terapeuti, che avevano subito sulla propria pelle separazioni molto drammatiche per sé e per i propri figli, nel corso degli anni ’70, crearono la mediazione familiare: cito in particolare due personaggi, che sono un po’ i padri della mediazione familiare, Kubler (avvocato, il primo che mette a punto un modello di mediazione strutturata) e Haynes (terapeuta sistemico-relazionale che dà una veste di tipo terapeutico a questo intervento). Dall’America la mediazione si è diffusa prima in Canada, poi dal Canada in Francia e quindi in Europa. La Mediazione in Italia“La Mediazione Familiare, in materia di divorzio o di separazione, è una procedura in cui un terzo, neutrale (imparziale,n.d.a.) e qualificato, viene sollecitato dalle parti per fronteggiare la riorganizzazione resa necessaria dalla separazione, nel rispetto del quadro legale esistente. Il ruolo del mediatore familiare è quello di portare i membri della coppia a trovare da sé le basi di un accordo durevole e mutuamente accettabile, tenendo conto dei bisogni di ciascun componente della famiglia e particolarmente di quelli dei figli, in uno spirito di corresponsabilità e di uguaglianza dei ruoli parentali” (APMF, 1990). La “Mediazione Familiare”, come si evince dalla definizione pubblicata in Francia nel 1990 dall’Associazione per la Promozione della Mediazione Familiare, è un tipo di intervento volto alla riorganizzazione delle relazioni familiari ed alla gestione o attenuazione dei conflitti in caso di separazione o di divorzio, attraverso l’aiuto di un terzo “imparziale”, il mediatore, competente sia in materia legale che in materia sociopsicopedagogiche.In Italia la Mediazione nasce a Milano presso la Gea, Genitori Ancora, come associazione di mutuo-aiuto costituita da genitori separati che si aiutavano a vicenda. Da questo gruppo, che man mano si è specializzato nelle disciplini giuridiche e psicologiche, nasce la SIMEF, Società Italiana di Mediazione Familiare. La Simef, i cui fondatori sono stati Bernardini e Scaparro, è costituita principalmente da medici e psicologi che operano nel campo familiare. Nello stesso anno, 1975, con De Bernard, Russo, nasce l’A.I.M.S. (Associazione Internazionale Mediatori Sistemici)L’A.I.M.S. si sviluppa all’interno degli Istituti di Terapia Familiare, maggiori sono quindi le sedi e diverse le figure professionali (psicologi,pedagogisti, sociologi, medici, avvocati, ass.sociali, insegnanti) che, accomunate dall’ottica sistemico-relazionale, vi aderiscono.
Le parole chiave che ricorrono nell’ottica sistemico-relazionale sono: Comunicazione; Conflitto; Apprendimento; Relazione.
La comunicazione, letteralmente “far comune ad altri ciò che è nostro”, è alla base della relazione in quanto “è impossibile non comunicare”. La psicologia sistemica-relazionale ci insegna che noi possiamo esistere solo se siamo riconosciuti: questo bisogno, che ci accompagna per tutta l'esistenza viene soddisfatto attraverso un continuo “dialogo” (dià=tra + lògos=parola, discorso).Il bisogno di “sentirsi riconosciuto” emerge con chiarezza durante le vicende legate ad una separazione legale: si ricorre al giudice per un “riconoscimento” (il ruolo di padre o di madre), per un “risarcimento” (l’altro mi deve ripagare quanto fatto)…e in questo gioco collusivo del “sentirsi riconosciuti” cadono quanti, chiamati in causa (avvocati, psicologi, consulenti, mediatori), non solo colludono con le parti ma confliggono con gli altri operatori “pur di non riconoscergli un ruolo” nella gestione della vicenda.Il conflitto è mancanza di relazione o di comunicazione. Il litigio, le scenate o le sceneggiate cui assistiamo, costituiscono soltanto l’espressione esterna, il “sintomo” di un disagio o di una difficoltà più profonde. L’apprendimento è una condizione biologica di sopravvivenza di un sistema. Ogni sistema è sempre un sistema in evoluzione, l’evoluzione può essere in positivo o in negativo. Un sistema in conflitto, quindi, è un sistema in cambiamento, da una fase precedente ad una fase nuova (crisi).La relazione, dal latino res+azione, significa portare una cosa insieme, una cosa nuova che è il “noi”, non più l’Io o il Tu. Il Mediatore utilizza la Relazione per aiutare le parti a gestire il Conflitto e quindi avviarle verso un Apprendimento.Il mediatore familiare, così come cita l’art.4 del Codice deontologico dell’APMF, deve possedere una competenza tecnica in una professione legata alle scienze umane e/o giuridiche (psicologo, pedagogista, assistente sociale, avvocato,etc.) per poi seguire una formazione specifica in mediazione familiare (della durata di 240 ore), coadiuvata da continui corsi di aggiornamento e da una costante supervisione.Il ruolo del mediatore familiare non è quello di aiutare la coppia a mantenere la loro relazione (psicoterapia), né quello di dirigere le parti verso un’intesa (consulenza legale), ma, come cita la definizione, è quello di lavorare “insieme” alle parti coinvolte aiutandole a gestire il conflitto, così che siano le parti stesse a negoziare accordi soddisfacenti e duraturi e/o a rivederli.Le parti coinvolte in un conflitto, infatti, se opportunamente supportate, sono in grado di assumere decisioni riguardo la propria vita più di quanto possa fare un’autorità esterna (come per esempio un arbitro, un negoziatore puro, o un giudice) e rispettano di più le decisioni se essi stessi hanno contribuito al loro raggiungimento e se accettano il procedimento che ha condotto all’accordo. Il mediatore sa che di per sé il conflitto non è una malattia, ma che un conflitto non gestito è pericoloso. Spesso, infatti, un conflitto è generato dal fatto che le parti non sanno come affrontare e gestire un problema,quindi, dalla incapacità a definirlo.Non dobbiamo dimenticare che, il clima emotivo su cui il mediatore interviene, è quello di una separazione, e che non esistono “buone separazioni” ma “separazioni meno dolorose”.Chiudere la propria storia affettiva significa, inevitabilmente, veder crollare tutti gli investimenti, le aspettative, i desideri, di cui, in quanto “storia”, la relazione di coppia è stata nutrita. Se in un primo momento la mediazione familiare offre agli ex-coniugi uno spazio di discussione, di riflessione e di elaborazione della propria conflittualità, così da raggiungere un minimo accordo da presentare al giudice, in un secondo momento offre un’area di ridefinizione del ruolo genitoriale, un nuovo modo di vivere e condividere la genitorialità che prescinde dal loro essere stati coniugi e che riguarda i sentimenti di paternità e maternità.Dal punto di vista giuridico “il bambino ha il diritto ad avere due genitori” e questi hanno “la stessa dignità genitoriale”.Una buona mediazione familiare, oltre ad evitare ai figli quella “penosa situazione” che porta a vedere i genitori “incapaci e bisognosi” di un terzo (il giudice) che dica loro come comportarsi, evita, al giudice stesso, o ai consulenti tecnici d’ufficio, di dover scavalcare la “dignità genitoriale” decidendo quale dei due è il “genitore di serie A” (affidatario). Aiutare gli ex-coniugi a gestire il conflitto, “due” genitori a trovare le soluzioni più adeguate per tutti, in particolare per la parte debole del sistema familiare, è il compito di quanti lavorano nella Mediazione Familiare.
"Introduzione alla Mediazione Sistemica-Relazionale e Familiare",
tratto in data 21-04-2009 da Obiettivo Psicologia. Formazione, lavoro e aggiornamento per psicologiPubblicato da Andromeda Associazione Culturale >
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