venerdì 30 gennaio 2009

La valutazione nella formazione

Negli ultimi anni il tema della valutazione è risultato sempre più emergente in Italia; si sono infatti moltiplicati i contributi su questa tematica a cui la nostra cultura non si era mai particolarmente appassionata. In particolare è chiaramente evidente come tale interesse, e conseguente prassi, si stia sviluppando all’interno delle strutture che utilizzano come risorsa i finanziamenti comunitari europei. La possibilità di progettare strumenti valutativi in grado di supportare il processo decisionale nel campo della elaborazione e della realizzazione di offerte formative ha favorito la progressiva attenzione verso questi sistemi.Nello specifico l'analisi valutativa si propone di garantire la conoscenza specifica degli elementi coinvolti nell’intervento, così da ridurre i margini di incertezza entro cui le decisioni debbono essere prese. Ci si trova di fronte ad un tipo di analisi fortemente protesa verso i punti di vista degli attori implicati nelle decisioni, in cui i sistemi utilizzati non si delineano assolutamente come strumenti di tipo statistico o meramente descrittivo dei fenomeni di interesse, ma che invece manifestano un forte orientamento alle esigenze del decisore, tecnico o politico che sia. Valutare significa innanzitutto essere capaci di controllare l’aderenza, la coerenza e la congruità di quanto definito nel disegno progettuale e l’efficacia di quanto concretamente realizzato. La valutazione è un’attività di rilevanza strategica poiché strettamente collegata all’intero processo progettuale.Tuttavia, è necessario fare una distinzione importante. Quando si parla di valutazione, ovvero della formulazione di un giudizio, in generale, ci si riferisce alla valutazione dei risultati (output) o alla valutazione ex post (outcome), ovvero a stime che si collocano a valle di un’azione o di un intervento e che hanno la finalità di esprimere giudizi in merito all’efficacia o all’efficienza dell’azione stessa e tale affermazione vale indipendentemente dal contenuto dell’azione.Si tratta, in altri termini, di una valutazione che, in quanto tale, non condiziona la scelta dell’azione stessa (già avvenuta in precedenza) e che, per le metodologie e gli strumenti utilizzati, tende a riportare il successo o meno dell’intervento valutato a variabili esterne al processo di programmazione e di attuazione dell’intervento in questione. All’interno delle singole aree della progettazione di un intervento formativo la valutazione assume un suo valore e acquista massima centralità in correlazione con tutti i processi e con tutte le attività avviate nelle fasi di preparazione, della realizzazione del progetto e dei risultati ottenuti. Lo scopo della valutazione non è soltanto quello di rivisitare i risultati di progetto in rapporto alle aspettative pianificate, ma anche quello di utilizzare e valorizzare al massimo l’esperienza acquisita al fine di migliorare l’efficacia e l’impatto dei risultati anche sul design dei progetti futuri.Partendo dall’assunto - ormai quasi unanimemente condiviso - che già in sede di progettazione devono essere chiaramente indicate le finalità, i tempi e le modalità della valutazione, occorre qui definire ed indicare quali saranno gli elementi che saranno valutati, quali le risorse disponibili, i tempi e i metodi che saranno applicati per effettuarle. L’idea da assumere come riferimento concepisce la valutazione non come semplice misurazione conclusiva (cioè da effettuarsi alla fine di ogni modulo e a fine corso) di capacità, conoscenze, ecc., ma come processo che accompagna le diverse fasi della progettazione e della attuazione del progetto e delle sue singole fasi.Tradizionalmente questa attività si realizza in tre stadi (valutazione ex-ante, valutazione in itinere, valutazione ex–post) che sono strettamente correlati tra loro e che contengono i criteri e gli indicatori di qualità espressi predisposti in fase di progettazione dei sistemi di valutazione .Operativamente possiamo dire che il processo di valutazione si avvale di strumentazioni tecniche e concettuali che identificano:
la rispondenza del progetto ai bisogni rilevati
la pertinenza dei contenuti espressi
la fondatezza delle ipotesi progettuali
la fattibilità e la riproducibilità delle prassi impiegate
l’attendibilità e l’utilizzo delle informazioni raccolte
la coerenza delle analisi e degli scopi prefissati
l’efficacia dei risultati ottenuti in termini di impatto e trasferibilità
L’efficienza dei processi realizzatiDal punto di vista operativo, un impianto di valutazione con queste caratteristiche deve essere strutturato in tre fasi o tempi di realizzazione:
una valutazione ex ante o preventiva (da collocare cioè prima della realizzazione delle azioni e/o dei corsi), contenente la dimostrazione di come i progetti riescano a soddisfare (cioè sono coerenti, adeguati rispetto a….) i requisiti posti dal committente;
una valutazione in itinere (da attuarsi durante le azioni e/o i corsi) con la precisazione di cosa e come si valuterà, cioè con quale metodologia, strumenti, risorse.
una valutazione finale o ex-post (cioè da collocarsi al termine delle azioni e/o dei corsi), con l’indicazione di cosa si valuterà al termine dell’attività e adottando quali criteri e parametri.In sede di progettazione, occorre indicare come, per ognuna di queste fasi, si procederà dal punto di vista operativo; devono cioè essere esplicitati gli elementi che saranno presi in considerazione per la valutazione e le concrete azioni che si intraprenderanno per dare attuazione ad esse. Non potranno mancare inoltre le informazioni relative alla tipologia degli strumenti che saranno utilizzati e in merito a coloro che avranno il compito di svolgere concretamente la fase di valutazione (risorse umane).Nello specifico della fase ex ante, che rappresenta una sorta di analisi di fattibilità del progetto, occorre indicare come i progetti riescono a soddisfare i criteri di coerenza, adeguatezza e pertinenza rispetto ai requisiti posti dal committente/finanziatore, dimostrando in tal modo di essere nelle condizioni di poter prendere avvio (in tal senso è da intendersi la fattibilità dei progetti).Rispetto alla costruzione del dispositivo per la valutazione in itinere, le azioni che attengono a questa fase sono mirate ad indicare cosa si valuterà in itinere e come lo si valuterà (con quale metodologia, con quali risorse ecc.). Occorre ricordare che gli elementi passibili di valutazione sono molteplici; tra cui:
apprendimenti/prestazione dei Partecipanti;
livello di coinvolgimento nelle azioni formative;
metodologie;
prestazioni dei formatori;
materiali/supporti didattici prodotti;
clima di gruppo;
rispetto dei parametri progettuali (anche economico/amministrativi);
livello/qualità delle relazioni (formatori, partecipanti, tutor, coordinatori, altri).Le azioni da compiere potranno pertanto riguardare alcuni o tutti gli elementi sopra indicati.Per quanto riguarda la Costruzione dell’ultimo dispositivo, ovvero quello relativo alla valutazione finale, occorre sempre specificare chiaramente cosa si valuterà al termine della attività, oltre ai criteri o parametri che si intendono utilizzare . Anche in questo caso gli elementi oggetto di questa valutazione finale possono essere molteplici. Si può decidere di rendere oggetto di valutazione:
grado di raggiungimento, da parte dei partecipanti, degli obiettivi didattici e formativi;
la “trasferibilità” delle abilità acquisite nel contesto di lavoro;
l’impiego della risorse coinvolte nell’intervento ;
le modifiche di Condizione/stato/comportamento individuale;
i risultati conseguiti complessivamente rispetto alle attese degli sponsor o committenti;
la qualità complessiva della formazione erogata;
la gestione economica-finanziaria dei progetti;le prestazioni dei docenti e del personale incaricato sui progetti;
le stesse progettazioni di riferimento.Vale la pena infine di ribadire che ”…questa particolare suddivisione dell’evento complesso consente di verificare il risultato finale (valutazione) come conseguenza di singoli risultati parziali (monitoraggio) più facili da controllare; permette anche, qualora questi ultimi si discostino dal programma, di valutare le conseguenze che quelle situazioni apporterebbero al risultato finale. Si introduce così, automaticamente, anche il concetto di controllo cibernetico (feed-back)…”. Gli interventi di formazione professionale in genere procedono dalla particolarità dei casi che li motivano e si confrontano con i problemi di generalizzazione e di modello degli interventi. Nonostante la radice “locale” o, meglio, proprio in forza del loro proporsi in un contesto determinato (MdL territoriale, bacino, comprensorio, azienda, ecc.) e per utenze molto diverse tra loro (giovani, adulti, extracomunitari, diplomati, non diplomati,ecc.), le azioni formative richiedono una progettualità che vada oltre il piano della “didattica”, che si realizzi a partire dall’accertamento delle ragioni del servizio formativo (motivazioni, finalità, obiettivi, condizioni, strumenti, valutazione, ecc.) e ricerchi con puntualità l’efficacia e l’efficienza del singolo intervento.

Fonte: "La valutazione nella formazione", tratto in data 11-03-2005 da Obiettivo Psicologia. Formazione, lavoro e aggiornamento per psicologihttp://www.opsonline.it/index.php?m=show&id=1639





giovedì 29 gennaio 2009

Una nuova ricetta contro il bullismo


Laddove esiste la violenza esiste anche un ambiente che, in qualche modo, la asseconda. Ed è proprio su quell’ambiente che bisogna soffermarsi se si vuole estirpare il problema della violenza alla radice, evitando l’utilizzo della forza e di punizioni più o meno efficaci. Una ricerca apparsa sulla rivista Journal of Child Psychology and Psychiatry, e capitanata da Peter Fonagy dell’University College di Londra, ha dimostrato che il miglior modo per combattere il bullismo nelle scuole non sia quello di soffermarsi su coloro che compiono atti di violenza, né sugli studenti che ne sono vittima, quanto piuttosto su coloro che stanno ad osservare, studenti o professori che siano. Utilizzando un nuovo approccio psicodinamico, il team di Fonagy ha sottoposto 4000 studenti di diverse scuole elementari a un programma della durata di tre anni in cui si invitavano gli stessi ragazzi a prendere consapevolezza del proprio ruolo nei confronti degli episodi di violenza, descrivendo e razionalizzando le proprie paure e il grado di empatia nei confronti degli studenti molestati. Nessuna punizione veniva inflitta a coloro che compivano atti di bullismo, e nessun tipo di supporto veniva offerto a coloro che subivano angherie. A tre anni dall’inizio del programma, i risultati dello studio hanno mostrato una significativa diminuzione degli episodi di violenza e di bullismo nelle scuole che avevano adottato il programma rispetto alle scuole di controllo, in cui gli studenti vittime di bullismo ricevano un supporto psicologico continuo. Secondo Fonagy, la ricerca dimostra come la migliore arma contro il bullismo sia rappresentata dalla consapevolezza, sia del proprio ruolo che di quello degli altri, nei confronti degli atti di violenza. Nessun bisogno di intervenire come paladini della giustizia in aiuto dei compagni molestati, quindi, ma solo cercare di non chiudere i propri occhi, facendo finta di niente. Fonte: Fonagy P et al. A cluster randomized controlled trial of child-focused psychiatric consultation and a school systems-focused intervention to reduce aggression. Journal of Child Psychology and Psychiatry 2009; DOI: 10.1111/j.1469-7610.2008.02025.x
http://it.health.yahoo.net/c_news.asp?id=24326

giovedì 22 gennaio 2009

Mediazione familiare


L’art. 155 sexies, comma II, cod. civ., introdotto dalla legge 8 febbraio 2006 n. 54 sull’affidamento condiviso dei figli, dispone che “Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli”.

Raggiunto l’accordo con la mediazione familiare si avvia un procedimento di separazione consensuale o di divorzio congiunto evitando, così, i tempi e costi di procedimenti contenziosi quali la separazione ed il divorzio giudiziale.L’intervento di mediazione può avere due finalità differenti:
consentire alle coppie di coniugi che hanno deciso di separarsi o divorziare di raggiungere un consenso reciproco sulle relative condizioni, beneficiando dei vantaggi delle procedure di risoluzione delle controversie senza ricorrere a lunghi e faticosi procedimenti giudiziari,
verificare le possibilità di riconciliazione.
L’attività di mediazione viene svolta generalmente da uno o due mediatori (avvocati o psicologi). Nell’arco di 4/6 incontri si affrontano, assieme ai coniugi, le problematiche insorte con l’obiettivo di supportare i coniugi stessi nell’individuazione e adozione di scelte autonome e consapevoli, in relazione alle condizioni della loro separazione


Vuoi avere informazioni in merito al servizio?


La procedura per la tutela e difesa delle madri esposte a rischi lavorativi


Il Decreto Legislativo 151/2001 recante “Testo unico delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità” impone al datore di lavoro (D.Lgs.645/98 e Legge 53/00 e D.Lgs.151/2001) di valutare i rischi anche in relazione alla gravidanza ed all’allattamento, ed identificare i luoghi di lavoro “sicuri” ove permettere alla donna in gravidanza di continuare a svolgere la sua attività.
Tale tutela prevista dalla legge è rivolta a tutte le lavoratrici dipendenti, pubbliche e private, in formazione lavoro, part-time, socie di cooperative o di società, le utenti dei servizi di orientamento e formazione scolastica, universitaria, professionale.la lavoratrice, accertato lo stato di gravidanza lo comunica al Datore di Lavoro con un certificato medico di gravidanza rilasciato su carta intestata del S.S.N a firma di un medico di una struttura pubblica o convenzionata con il S.S.N.
Se lo spostamento non è possibile, il datore di lavoro avvia procedura di anticipo del congedo di maternità indirizzando la lavoratrice al Servizio di Prevenzione, Igiene e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (SPISAL) dell’A. ULss o alla Direzione Provinciale del lavoro competenti per il territorio dove ha sede l’azienda, con una dichiarazione scritta che deve contenere:I dati aziendali, i dati della lavoratrice, la mansione svolta ed i rischi connessi.Inoltre dovrà esplicare la non possibilità di spostamento in relazione all’organizzazione aziendale, indicando il relativo periodo. La lavoratrice dovrà presentarsi negli uffici sopraesposti con certificato del medico del S.S.N nel quale siano indicate l’epoca di gestazione e la data presunta del parto.
Se lo spostamento è possibile IL DATORE DI LAVORO
segnala lo stato di gravidanza della dipendente alla Direzione e/o responsabile del personale, secondo le procedure adottate da ogni singola Azienda
informa la lavoratrice e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza sui rischi presenti sul luogo di lavoro; sulle attività che devono essere evitate, le precauzioni e i dispositivi di protezione individuale da utilizzare; sulle procedure aziendali esistenti a tutela della salute e della sicurezza della stessa e del nascituro; sulle norme di tutela di tipo amministrativo e contrattuale.
richiede ai Dirigenti o preposti con la collaborazione del Medico Competente, del Servizio di Prevenzione e Protezione, una valutazione delle attività che possono comportare un rischio per la signora in stato interessante e il nascituro per verificare il possibile mantenimento della lavoratrice presso la stessa UO con limitazioni o cambio della mansioni.
Se la lavoratrice ha continuato a svolgere la sua attività e la gravidanza è proseguita senza complicanze, la dipendente può chiedere l’astensione dal lavoro in momenti diversi
Astensione anticipata che deve essere richiesta al DPL, entro i tre mesi antecedenti alla data presunta del parto, nel caso in cui si svolgano lavori ritenuti gravosi e/o pregiudizievoli in relazione all’avanzato stato di gravidanza. La DPL può, verificata la presenza delle condizioni citate, disporre l’astensione dal lavoro a partire da 3 mesi prima del parto.
Astensione obbligatoria Ha una durata di cinque mesi, che possono essere così distribuiti:
due mesi prima della data presunta del parto e tre mesi dopo la data del parto;
un mese prima della data presunta del parto e quattro mesi dopo il parto (flessibilità dell’astensione obbligatoria). Questa opzione può essere richiesta dalla lavoratrice nel settimo mese di gravidanza consegnando un certificato rilasciato dal ginecologo del S.S.N. o con esso convenzionato.
In caso di attività a rischio per l’allattamento questo periodo è prolungato sino a sette mesi dopo il parto. La lavoratrice può inoltrare la domanda al datore di lavoro entro il terzo mese di vita del bambino.
ADOZIONI E AFFIDAMENTI (artt.26,27,31,36,37,45,50)
Nel caso di adozione od affidamento di un bambino la madre può richiedere il periodo di astensione obbligatoria. Il congedo può essere richiesto dalla lavoratrice nel caso il bambino non abbia un età maggiore a sei anni e deve essere usato durante i tre mesi successivi all’effettivo ingresso del bambino nella famiglia adottiva od affidataria.
Si ricorda che:
In caso di parto prematuro i giorni non goduti di astensione obbligatoria prima del parto vengono aggiunti al periodo di astensione obbligatoria dopo il parto.
In caso di parto posticipato i conteggi di astensione obbligatoria post-partum, partono dalla data effettiva del parto.
Per quanto riguarda la retribuzione le lavoratrici hanno diritto, fatto salvo diversa disposizione contrattuale, ad un’indennità giornaliera pari all’80 % della retribuzione.
anche il lavoro notturno ( ore 24.6.00) è vietato dal momento dell’accertamento dello stato di gravidanza fino ad un anno di età del bambino. Inoltre che la lavoratrice non può essere obbligata a prestare lavoro notturno fino al compimento del 3° anno di età del bambino ( art. 53 D.lgs 151/01)
anche Il pendolarismo, nel caso di lunghi tragitti casa- lavoro, potrebbe costituire fattore di rischio, per cui è previsto l’anticipo di un mese el congedo di maternità ( art.17 DLgs 151/01.)



lunedì 19 gennaio 2009

Il fascino indiscreto della droga


Basta con la storia della droga e del disagio, della sfiga e della vergogna. Ai ragazzi l'abuso piace. Intriga, affascina e tira dentro. Dici droga e gli adolescenti sorridono: dà euforia, allegria, relax, piacere, soddisfazione. "Lascialo stare quello è un tossico", nei corridoi delle scuole non lo si sente più. E non si pensi alle brave scolare pronte a salvare i compagni dalle cattive compagnie, sono loro quelle più a rischio: al pari dei maschietti subiscono il fascino dell'eccesso, ma lo conoscono molto prima. Va a finire che nelle scuole di Parma a 17 anni, 8 ragazzi su 10 bevono, 2 su 10 prendono regolarmente una sbornia; la metà fuma e si fa le canne, l'8,1% ogni tanto si tira coca, il 4,6% cala, l'1,9% si spara eroina. Il preservativo è un optional.Sesso, droga, fumo, alcol e sentimenti degli adolescenti. Il Centro studi farmacotossicodipendenze e disturbi del comportamento dell'Ausl di Parma insieme al Dipartimento di psicologia dell'università hanno voluto analizzare proprio il rapporto che lega il mondo del vizio, del disordine all'immaginario giovanile. Sentimenti come vergogna, paura, tristezza non rientrano nel carnet degli stati d'animo dei giovani orientati allo sballo, gratificati dal piacere drogato. I ragazzi enfatizzano le emozioni positive e sminuiscono quelle negative, le componenti della condanna sociale svaniscono, offuscate da nuovi miti, modelli, successi. "Ma cosa pretendiamo - si domanda Simone Bertacca, curatore della ricerca - se condanniamo chi butta una cicca per terra e veneriamo le modelle cocainomani? Viviamo in una società che sempre di più tende a punire, con le patenti a punti, gli alcol test, l'inasprimento delle leggi. Temo però che i buoi siano già scappati. Assistiamo a un 'nuovo disagio', figlio dei nostri tempi, che nasce dall'assenza di eccesso: se non si sta troppo bene si finisce per star male".Quello di Parma è forse il più grande studio mai realizzato in Italia sul fronte dell'analisi della percezione dei comportamenti a rischio negli stessi adolescenti. Hanno partecipato le terze, quarte e quinte classi di diversi istituti superiori della città: 1.292 studenti (36% maschi e 64% femmine), di età compresa tra i 15 e i 22 anni (17,5 anni l'età media). Hanno risposto, su autorizzazione dei genitori e nell'anonimato, a un questionario sulle loro abitudini e atteggiamenti. E il quadro che ne è venuto fuori è stato definito "inquietante" dagli stessi ricercatori (oltre a Simone Bertacca, Pietro Pellegrini, Barbara Branchi Matteo Mossini dell'Ausl e Annalisa Pelosi, Giovanni Nichelini e Carlo Pruneti della facoltà di Psicologia).Quasi l'80% dei giovani beve almeno occasionalmente alcol, solo il 42% afferma di non essersi mai ubriacato, il 18% segnala episodi regolari di abuso (una o più volte al mese). Si beve soprattutto nel weekend (47%) e in occasioni particolari (31%), quasi sempre con gli amici (78%). Poco meno della metà dei ragazzi fuma (44%), di questi il 56% consuma fino a mezzo pacchetto al giorno. La prima sigaretta a 14 anni. Alcol e fumo spesso insieme, aumentando - sostengono gli studiosi - la probabilità di arrivare alle sostanze illegali: l'8,1% usa cocaina, il 4,6% ecstasy, l'1,9% l'eroina. Numeri più bassi, ma "sottostimati - assicura Bertacca - quell'8% nella realtà diventa 15". Si tratta di un abuso costante solo nell'1% dei casi, ma il fenomeno non distingue tra generi: ragazzi e ragazze hanno comportamenti similari. "Anzi - continua lo psichiatra - per le donne il rischio è maggiore: crescono prima e da giovanissime cominciano a frequentare i gruppi dei 'grandi'. È provato che la pubertà precoce è un fattore di rischio". La cannabis è familiare al 46,4% degli intervistati (più delle sigarette) e il 16% si sballa più volte a settimana. La "droga legale" si incontra a 14, quella leggera a 15, quella pesante a 16.Non va meglio sul fronte della sessualità. Si fa l'amore per la prima volta a 15 anni (un giovane su due ha avuto rapporti sessuali completi), ma senza avere coscienza del rischio legato alle malattie sessuali. L'80,1% dei giovani di Parma non si ritiene a rischio contagio, nonostante uno su tre dichiari di avere avuto rapporti occasionali non protetti e uno su due di non aver mai o quasi usato il profilattico.Generazione inabile a comprendere il rischio. Sia che si tratti di droghe leggere o pesanti, i ragazi enfatizzano le sensazioni, le emozioni positive. Le associano all'euforia, all'allegria, al relax, al piacere, sminuendo la noia, la vergogna, la paura, il disgusto: impressioni marginali nel loro immaginario. Chi ha fatto o fa abitualmente uso di sostanze tende ad amplificare la distorsione: attribuisce alla condotta una valenza positiva e si autoassolve in nome del "branco", sottostima i pericoli associati all'abuso e il rischio di dipendenza. Drogarsi non è più considerato un comportamento socialmente reprensibile: la vergogna è costantemente agli ultimi posti tra le emozioni richiamate, in particolare tra i consumatori.Da qui, la domanda: che fare? Curare? "E come si fa a curare uno normale". È la provocazione di Bertacca, che segue tra gli altri anche l'enfant prodige Matteo Cambi finito a disintossicarsi alla comunità di Betania. "Bisogna educare, questo sì. Ci passa sotto gli occhi un'adolescenza orientata al piacere immediato, forte, composta da individui narcisi e indifferenti, spavaldi. Dall'altra parte, però, vedo un mondo adulto incapace di supportare lo sviluppo dei giovani, profondamente immerso in un modello di cattivi maestri o peggio ancora, di buoni maestri di cattivi insegnamenti".

Psicologi: vivere a Napoli causa traumi


Vivere a Napoli causa "traumatizzazioni metropolitane" Questo disturbo è dilagante anche tra gli studenti napoletani Le paure più frequenti: risse (28%), molestie (25%), aggressioni (24%) e incidenti stradali (23%). Questi alcuni dati emersi oggi dal convegno dell'associazione 'Psicologi per la responsabilità sociale della Campania'. L'organismo è impegnato a promuovere studi, azioni e ricerche sulla qualità della vita.
Per gli psicologi - si spiega in un comunicato - la paura è un'emozione che colpisce in misura variabile ogni essere umano lasciando molto spesso tracce indelebili nella sua mente, tracce che possono riemergere in forma più o meno drammatica sia a livello cosciente che nei sogni. La paura è un fenomeno che può generare grossi problemi di adattamento e che in casi estremi può dare la morte alla persona che ne è vittima.
"Abitando a Napoli - spiega il presidente dell'associazione, Raffaele Felaco - abbiamo potuto concettualizzare questo disturbo, una vera e propria 'traumatizzazione metropolitana' dovuta ad una serie di fattori economici e sociali". Tra gli aspetti più interessanti emersi dagli studi condotti dall'associazione, compaiono certamente le paure più frequenti tra gli studenti napoletani. Il 28% del campione ha paura di essere coinvolto in una rissa, il 25% di subire delle molestie ed il 24% di essere rapinato.
Il timore che il figlio incorra in un incidente stradale è del 23% dei genitori napoletani, mentre si colloca solo al quarto posto per i ragazzi. L'11% del campione esaminato, inoltre, è condizionato dalle paure conseguenti a episodi traumatici anche per più di 1 anno e il 20% evita attivamente di frequentare alcuni quartieri della città, perché ritenuti maggiormente a rischio.
"Vivere in queste condizioni - prosegue Felaco - genera uno stress specifico che può condurre a graviconseguenze per le quali diventa necessario l'intervento dello psicologo. La straordinaria frequenza della preoccupazione di essere coinvolti in risse - conclude il Presidente - determina uno stato di attivazione aggressiva/difensiva perenne in quanto l'evento violento è estremamente probabile. Questa attivazione non può non avere un riverbero su tutte le esperienze della vita quotidiana, dalle interazioni sociali alle attività pedagogiche".
Fonte: http://notizie.alice.it/notizie/cronaca/2008/12_dicembre/10/campania_psicologi_vivere_a_napoli_causa_traumi,17179533.html?pmk=rss

Essere tristi è necessario... per capire la differenza!


La tristezza è parte della condizione umana ed è funzionale e necessaria per godere della felicità e per un corretto sviluppo emotivo. "Quando si individua un tratto così profondamente conservato nella biologia dell'uomo, bisogna presumere che è un tratto selezionato dall'evoluzione e come tale necessario alla sopravvivenza", ha dichiarato Jerome Wakefield della New York University e coautore del libro "The loss of sadness: how psychiatry transformed normal sorrow into depressive disorder", la cui traduzione in italiano sarebbe "La perdita della tristezza: come gli psichiatri hanno trasformato il normale dolore dell'anima in malattia depressiva". Wakefield e altri psicologi che sostengono l'importanza di vivere ogni emozione, anche quelle più negative, sono stati intervistati sull'ultimo numero della rivista NewScientist. Nella società moderna la tristezza è diventato uno stato d'animo da evitare. In tutti i modi possibili. Ci si può distrarre evitando di pensare e riempiendosi la giornata di appuntamenti e di cose da fare. Molti scelgono anche, in maniera incauta e superficiale, di usare pillole che stabilizzano l'umore agendo direttamente sui centri nervosi di produzione e regolazione dei neurotrasmettitori. Eppure è esperienza comune di ciascuno come, nei momenti di difficoltà o di tristezza, la percezione del mondo è diversa e talvolta più profonda. Non è un caso, infatti, che gli artisti esprimono il meglio della loro produzione proprio nei momenti di maggiore difficoltà più che quelli di felicità. Secondo alcuni neurologi vi è un motivo biologico che spiega il legame tristezza-creatività: la riduzione dei livelli di cortisolo tipica dei momenti di tristezza attiva i centri nervosi della creatività mentre riduce l'attività di quelli che stimolano la socialità, la fame e l'attività fisica. La tristezza, l'introspezione e i momenti di solitudine, quindi, sono funzionali a guardarsi dentro e fare il punto su di sé, per poi riprendere e andare avanti. Attenzione, però, se una sana dose di tristezza è necessaria, tutti gli esperti sono d'accordo nel dire che se si è di fronte ad una diagnosi di depressione allora è necessario sottoporsi a terapie adeguate.

Fonte: Marshall J. Is it really bad to be sad? NewScientist 14 gennaio 2009.http://it.health.yahoo.net/c_news.asp?id=24252

sabato 17 gennaio 2009

Giuridica "mente"



Giuridica "mente" è un servizio di consulenza psico-giuridica e di orientamento alla formazione professionale che Andromeda Associazione Culturale mette a disposizione dei suoi utenti.





  • Un unione di saperi per un'analisi seria e completa delle problematiche familiari, sociali o inerenti la formazione che si deve intraprendere, per accostarsi ad una professione e per essere pronti ad entrare (o rientrare) nel mondo del lavoro


  • Un nuovo modo di affrontare e gestire i conflitti esistenziali o disagi relazionali, relativi alla sfera personale e lavorativa e di una loro risoluzione


  • Un nuovo percorso per la riorganizzazione delle relazioni familiari in vista di/o in seguito ad un procedimento di separazione o divorzio


  • Un nuovo modo di entrare in contatto con le leggi, comprendendone significato e conseguenze


  • Un team di professionisti (mediatori, avvocati, counsellors, formatori) in grado di assistere i singoli, le coppie e le famiglie a 360 gradi

    La Redazione di Andromeda Associazione Culturale esamina le richieste di consulenza ricevute tramite l'apposito modulo e risponde direttamente all'indirizzo e-mail del mittente, cercando di dare una risposta più pertinente, utile ed esauriente al quesito proposto.
    La richiesta deve essere formulata con la massima precisione e con tutti gli elementi necessari per la comprensione del problema.

    Nella consulenza non vengono dati consigli, ma si cerca di favorire la comprensione dei problemi da parte delle persone coinvolte, per facilitare cambiamenti e risoluzioni delle situazioni di difficoltà. La Redazione invita ad essere il più esaustivi possibile nel presentare la domanda di consulenza.
    In ogni caso, per eventuali chiarimenti, vi invitiamo a contattare direttamente la responsabile dell' Associazione (dott.ssa Rosalia Rossi - Tel. 338 181 60 46, ore 17:00/20:00) che sarà lieta di fornire ogni possibile spiegazione.


Pubblicato da Andromeda Associazione Culturale > Scarica qui la brochure di presentazione dell'Associazione Andromeda

giovedì 15 gennaio 2009

Amore adolescenziale e comportamenti illegali


Che il crimine abbia una forte matrice emozionale è un fatto certo, ma come le relazioni sentimentali tra adolescenti possano influenzare atteggiamenti illegali è un modo nuovo di osservare la questione. Lo fa un articolo sull'American Sociological Review. Secondo l'ipotesi degli autori dell'articolo l'atteggiamento dei ragazzi verso le relazioni sentimentali è spesso pessimistico; questo può comportare un incremento degli stati depressivi, degli atteggiamenti violenti, dei fallimenti scolastici, di episodi di bullismo, dell'uso di sostanze stupefacenti, ma non solo. Esiste anche una relazione tra le relazioni sessual-sentimentali e il commettere reati. Utilizzando i dati dell'Adolescent Health Survey, l'articolo analizza infatti quanto le relazioni sentimentali tra adolescenti influiscano su comportamenti criminali e illegali e delinea una serie di scenari. Ovviamente la diversa natura della relazione può determinare conseguenze anche del tutto opposte. L'intimità affettiva offerta da una relazione d'amore può riempire il vuoto dovuto all'indebolimento dei legami con i genitori, tipico dell'adolescenza, epoca in cui ci si comincia ad avviare verso una relazione adulta e forme di attaccamento diverse. L'intimità affettiva può così scoraggiare una serie di conseguenze negative, compreso il coinvolgimento in atti illegali.Se il sesso è l'elemento che connota la relazione, al contrario, cresce la possibilità di commettere crimini, in parte perché viene alimentata la tensione che si crea all'interno dei rapporti. Tuttavia se il sesso è inserito all'interno di una relazione d'amore, meglio se non occasionale ma stabile, la componente affettiva compensa l'aspetto stressante e i possibili conseguenti atteggiamenti trasgressivi.


Fonte: McCarthy B, Casey T. Adolescent Romantic Relationships and Offending. American Sociological Review 2008; 73: 944-69.http://it.health.yahoo.net/c_news.asp?id=24200

Apprendimento e ricordi. Un "centralino" ferma il caos


Una lotta costante fra vecchio e nuovo. Succede continuamente nel cervello quando due diversi tipi di memoria - il recupero di ricordi immagazzinati e l'apprendimento di nuove esperienze - cercano di attivarsi nello stesso momento.La capacità di imparare cose nuove, ricordando contemporaneamente informazioni acquisite, è data per scontata nell'uomo, eppure alla base di un comportamento comune, che entra in gioco in quasi tutte le situazioni sociali - come durante una conversazione, quando si ascoltano nuove informazioni e se ne recuperano di già note per preparare la risposta successiva, oppure quando ci si trova a guidare in una città sconosciuta, interpretando segnali stradali noti - c'è un meccanismo complesso, in cui il recupero di una nozione e l'apprendimento di un dato nuovo si trovano in competizione.Una ricerca scientifica pubblicata su PLoS Biology ha ora "fotografato" in modo chiaro questa lotta. E suggerisce che a mantenere l'ordine nel cervello intervenga una sorta di "centralino" che risolve il conflitto, attivando rapidamente l'una o l'altra funzione. "E' la prima conferma chiara, sia da un punto di vista comportamentale che neurologico" spiega Sander M Daselar, del centro di neuroscienze dell'Istituto Swammerdam dell'Università di Amsterdam, co-autore dello studio.Insieme a Willem Huijbers, Cyriel M. Pennartz, sempre dell'ateneo olandese, e al collega Roberto Cabeza della Duke University a Durham, in North Carolina, Daselar ha sottoposto un gruppo di giovani a un esperimento: venivano mostrate una serie di parole su uno schermo e i partecipanti allo studio dovevano rapidamente ricordare se avevano studiato in precedenza tali parole o meno. Simultaneamente, sullo sfondo dello schermo apparivano delle immagini colorate. L'attività del loro cervello è stata monitorata attraverso una risonanza magnetica funzionale. Dopo lo scan, i partecipanti a sorpresa hanno dovuto rispondere ad un altro test di memoria, che questa volta riguardava le immagini.Risultato? E' più difficile imparare a riconoscere le immagini se allo stesso tempo si è impegnati nel ricordare una parola. Allo stesso modo, se si dimentica la parola diventa più facile apprendere l'immagine. E quando si recuperano ricordi, si "spegne" l'attività del cervello collegata all'apprendimento, spiegano i ricercatori."Nonostante il chiaro meccanismo di competizione - spiega sempre Daselar - alcune persone riuscivano comunque ad apprendere e a ricordare allo stesso tempo. Allora abbiamo iniziato a cercare se ci fosse una specifica area cerebrale responsabile". E l'hanno trovata: c'è una regione del cervello che risulta attiva sia durante l'apprendimento che durante il ricordo, ed è situata nella parte frontale sinistra del cervello.Secondo gli scienziati è proprio quest'area, la corteccia prefrontale ventrolaterale, a regolare le due diverse modalità della memoria, permettendo il passaggio rapido dall'una all'altra. "La cosa interessante è che questa regione è risultata coinvolta in modo specifico in quelle persone che mostravano una soppressione minima della capacità di apprendere. In queste persone, quindi, la competizione fra ricordo e apprendimento è minore rispetto agli altri, perché il "centralino" permette loro di apprendere e ricordare quasi contemporaneamente, passando rapidamente da un processo all'altro", dice ancora lo scienziato.E' un'area già nota ai ricercatori: i pazienti in cui è danneggiata hanno difficoltà ad adattarsi rapidamente a nuove situazioni, mentre tendono a seguire vecchie regole. Spesso risulta alterata nelle persone anziane, che mostrano minore flessibilità quando è richiesto un rapido passaggio dall'apprendimento alla memoria come, ad esempio, mentre si segue una conversazione, che diventa in questo caso necessariamente più lenta e difficoltosa."E' una regione del cervello chiamata direttamente in causa anche in una serie di disturbi dell'impulsività e compulsività e nel disturbo ossessivo", aggiunge il professor Stefano Pallanti, dell'Università di Firenze, direttore dell'Istituto di neuroscienze. "Se funziona in modo anomalo, dà origine ad una serie di disturbi". Capirne meglio il funzionamento, con ulteriori studi, potrebbe portare a comprendere più a fondo le conseguenze pratiche nei pazienti che non riescono a passare dall'una all'altra modalità di memoria in modo corretto e a scoprire se il "centralino" può essere migliorato attraverso l'allenamento.
Fonte: http://www.repubblica.it/

martedì 13 gennaio 2009

Catania, in cella per coprire l’amante


Catania, in cella per coprire l’amante. La donna si era presentata in commissariato raccontando di avere ucciso l'ex marito. Ieri la nuova versione
CALTAGIRONE (Catania) 8 Gennaio 2008 - Alfio Sciacca - Corriere.it - «Stai attento papà, in casa la mamma tiene una pistola». I suoi figli erano stati i primi ad avvertire il pericolo. Due bambini di 5 e 10 anni che erano anche il motivo dei continui litigi tra Ugo Alba e l’ex moglie Zaira Ritrovato, entrambi di 29 anni, per un periodo residenti in Piemonte. Si erano separati tre anni fa e da allora era stata una guerra continua. Fino all’epilogo: domenica scorsa, nell’agriturismo che gestiva alla periferia di Caltagirone, Ugo Alba è stato ucciso da un colpo sparato proprio da quella pistola che i suoi figli avevano visto in casa della mamma. Venti minuti dopo la donna si è presentata in commissariato raccontando di avere ucciso l’ex marito al termine di una lite. Ieri la svolta: a sparare non sarebbe stata Zaira Ritrovato ma il suo convivente, Orazio Purrometo, 34 anni, con precedenti per droga.

Genitori divisi Bimbi vittime del panico


La disgregazione del nucleo familiare costituisce per il bambino un evento fortemente destabilizzante che potrebbe provocare nel tempo importanti patologie di tipo psicologico. Certamente non si può pensare a tutti i figli delle coppie separate come a potenziali soggetti a rischio.
Roma 09 Gennaio 2009 - Presidente Eurodap - IlTempo - Sta di fatto che il bambino non possiede gli strumenti cognitivi per poter elaborare la "perdita" di un genitore o per poter rielaborare le cause della separazione. I figli sono portati ad attribuirsi la colpa del fallimento dell'unione di mamma e papà.

Tradita per anni dal marito,


Tradita per anni dal marito,
Un mensile da manager per garantirle il tenore di vita che ha sempre fatto
Savona 10 Gennaio 2009 - IlseclooXIX - Non vuole solo il divorzio dal marito ma anche 100 mila euro in contanti, un fisso di “almeno” 9 mila euro al mese e il riconoscimento del danno morale, biologico ed esistenziale per gli anni di nervoso, tradimenti e frustrazioni subite. Richieste troppo esose? Sarà un collegio di giudici a stabilirlo nell’udienza di separazione calendarizzata per il prossimo mese. In tribunale comparirà una coppia di facoltosi savonesi (risiedono nel ponente savonese) che da tempo sono ai ferri corti e litigano come mol te altre coppie. Ma a differenza della maggior parte di quelle che si separano i termini dell’accordo richiesti da lei sono particolari: un mensile da manager per garantirle il tenore di vita che ha sempre fatto.

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lunedì 12 gennaio 2009

Il cervello ricorda in maniera diversa in giovani e anziani


Uno studio del Duke University Medical Center ha mostrato che giovani e anziani utilizzano il cervello in maniera diversa al momento di memorizzare le emozioni negative. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Psychological Science, e aiuterebbe a spiegare i cambiamenti nelle connessioni cerebrali che avvengono con il passare degli anni.Ad alcuni anziani di circa 70 anni e ad alcuni giovani intorno ai 24 anni sono state mostrate diverse fotografie. Alcune immagini rappresentavano paesaggi naturali neutri, altre avevano un contenuto fortemente negativo, come serpenti nell’atto di mordere e corpi mutilati. Mentre contemplavano le immagini, tutti erano sottoposti ad una risonanza magnetica funzionale che mostrava l’attività cerebrale. Successivamente è stato chiesto ai partecipanti di ricordare alcune delle immagini ed è stato registrato il numero d’immagini neutre e negative ricordate da ogni gruppo d’età. I ricercatori hanno scoperto che il cervello dei giovani, per immagazzinare e ricordare le immagini, usa le aree cerebrali normalmente associate alla memoria e alla generazione di emozioni. Gli anziani, invece, mostrano minori connessioni tra queste due aree ma una maggiore attività della corteccia prefontale, responsabile del pensiero razionale. Il fatto che gli anziani utilizzino di più l’area relativa al pensiero rispetto a quella relativa alle emozioni “potrebbe in parte spiegare perché mostrano una minore capacità di ricordare le immagini con un contenuto emotivamente negativo”, spiega Roberto Cabeza, coautore dello studio. “Probabilmente gli anziani hanno imparato a prestare meno attenzione alle emozioni negative in modo da mantenere inalterato il loro benessere e il loro stato emotivo; in cambio hanno sacrificato l’accuratezza della memoria”. Fonte: St. Jaques PL, Dolcos F, Cabeza R. Effects of aging on functional connectivity of the amygdala for subsequent memory of negative pictures: a network analysis of functional magnetic resonance imaging data. Psychological Science 2008; doi: 10.1111/j.1467-9280.2008.02258.x .http://it.health.yahoo.net/c_news.asp?id=24120

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Legge 194/1978 e pillola RU486


I dati relativi al 2007, con un totale di 127.038 interruzioni volontarie di gravidanza (IVG), evidenziano un ulteriore calo del 3% rispetto al dato definitivo del 2006 (131.018 casi) e un decremento del 45,9% rispetto al 1982, anno in cui si è registrato il più alto ricorso all'IVG (234.801 casi). Il tasso di abortività (numero delle IVG per 1.000 donne in età feconda tra 15-49 anni), l'indicatore più accurato per una corretta valutazione della tendenza al ricorso all'IVG, nel 2007 è risultato pari a 9,1 per 1.000, con una diminuzione del 3,1 rispetto al 2006 (9,4 per 1.000) e del 47,1% rispetto al 1982 (17,2 per 1.000).Continua la diminuzione delle IVG tra le donne italiane: i dati definitivi relativi all'anno 2006 evidenziano infatti 90.587 IVG, con una riduzione del 3,7% rispetto al 2005 e di oltre il 60% rispetto al 1982, anno in cui più numerose sono state le IVG. Viceversa, le IVG sono incrementate tra le donne straniere: in totale 40.431 nel 2006 (+4,5% rispetto al 2005), pari al 31,6% del totale (nel 2005 erano il 29,6%).Il medico ha un ruolo importante nell'informare le donne, che si rivolgono a lui, preventivamente sui metodi contraccettivi ed in caso di gravidanza indesiderata sulle procedure legali di interruzione volontaria previste dalla legge n. 194/1978.La legge n. 194 del 22 maggio 1978 (GU n. 140 del 22/05/1978) ha stabilito le norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza, affermando i principi che lo Stato garantisce il diritto alla procreazione responsabile e cosciente, riconosce il valore sociale della maternità, tutela la vita umana dal suo inizio e non considera l'interruzione volontaria di gravidanza un mezzo per il controllo delle nascite.La somministrazione su prescrizione medica dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile è consentita anche ai minori, nelle strutture sanitarie e nei consultori.Per l'interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni, la donna che si trovi in circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute o alle sue condizioni economiche o sociali o familiari o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico o ad una struttura socio-sanitaria abilitata o ad un medico di sua fiducia.Di fronte alla richiesta della donna di interrompere volontariamente la gravidanza entro i primi 90 giorni per motivi psichici, fisici, economici, sociali o familiari, il medico compie gli accertamenti sanitari necessari, valuta le circostanze che hanno indotto alla richiesta di IVG, informa la donna sui suoi diritti, sulle procedure e sulle strutture di riferimento a cui può accedere. Infine il medico rilascia un certificato all'assistita (art. 5), firmato anche dalla richiedente, attestante lo stato e l'epoca di gravidanza, l'avvenuta richiesta di IVG e la invita ad una pausa di riflessione di sette giorni in merito alla sua decisione, salvo casi d'urgenza da attestare nello stesso certificato.Trascorsi i sette giorni (salvo i casi d'urgenza), la donna può presentarsi con il certificato medico presso una delle strutture sanitarie autorizzate ai sensi dell'art. 20 della legge n. 132 del 12/2/1968 per praticare l'interruzione volontaria della gravidanza.Salvo i casi di urgenza in cui il medico può rilasciare il certificato senza altre formalità anche a persona minorenne, se una minorenne adduce seri motivi per non informare le persone che esercitano su di lei la potestà o tutela, il medico invia una relazione corredata del proprio parere al Giudice Tutelare presso il Tribunale locale, che entro cinque giorni autorizza l'intervento.In assenza di urgenza e di seri motivi controindicanti, se la donna ha meno di 18 anni è richiesto l'assenso di chi esercita la potestà o la tutela sulla donna stessa. Se la donna è interdetta è necessario sentire il parere del tutore e trasmettere entro sette giorni dalla richiesta di IVG una relazione al Giudice Tutelare, che decide entro cinque giorni dal ricevimento della stessa. Il certificato costituisce titolo per ottenere l'intervento di interruzione o, se necessario, il ricovero ospedaliero.L'interruzione volontaria della gravidanza dopo i primi tre mesi può essere praticata solo in caso di grave pericolo di vita per la donna o di grave pericolo di salute per la donna o di gravi malformazioni del nascituro, accertati direttamente dallo specialista ginecologo ospedaliero, il quale solamente può praticare l'interruzione volontaria di gravidanza, previa verifica dell'inesistenza di controindicazioni sanitarie.Il personale sanitario non è tenuto a prender parte alle procedure di certificazione e di pratica dell'interruzione volontaria di gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, salvo quando il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo di vita. Sono invece tenuti in ogni caso ad assicurare l'interruzione volontaria di gravidanza gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate (queste ultime non possono superare il tetto del 25% del totale degli interventi chirurgici praticati nell'anno precedente).L'interruzione volontaria di gravidanza può essere praticata con il tradizionale metodo chirurgico per aspirazione, oppure con il metodo farmacologico, mediante l'uso sequenziale di mifepristone (RU486) e misoprostol. Il mifepristone (RU486) è uno steroide sintetico (emivita 18-20 ore), in grado di bloccare l'azione del progesterone che mantiene la gravidanza e di conseguenza inibisce lo sviluppo embrionale e determina un distacco della mucosa endometriale simile a quello che avviene durante la mestruazione.L'effetto del mifepristone (RU486) viene aumentato dalla successiva somministrazione di prostaglandine che determinano contrazioni uterine, favorenti l'espulsione dell'embrione e dell'endometrio distaccatosi. Le prostaglandine sono risultate meglio tollerate per via vaginale rispetto alla via orale, gravata da maggiori effetti collaterali quali nausea e diarrea. Delle due prostaglandine disponibili, misoprostol e gemeprost, la prima è risultata più efficace.Una revisione sistematica di 39 studi clinici randomizzati, che ha valutato regimi diversi di trattamento farmacologico dell'aborto, ha dimostrato che la somministrazione orale di una singola dose di 200 mg di mifepristone (RU486), seguita dopo 36-48 ore da una singola dose di 800 mg di misoprostol per via vaginale risulta efficace e sicura nell'indurre l'aborto farmacologico entro le otto-nove settimane di gravidanza.Il confronto tra le due opzioni per l'induzione dell'aborto nella stessa epoca gestazionale non mostra differenze significative di rischio nei paesi dove il mifepristone (RU486) è già in uso, ma evidenzia la tendenza ad ottenere l'aborto in epoche gestazionali più precoci.Il confronto tra la metodica chirurgica e quella farmacologia riguardo gli effetti collaterali ha rilevato che l'induzione dell'aborto con mifepristone (RU486) e misoprostol comporta un'aumentata durata dell'emorragia e più dolore, diarrea e vomito, ma su oltre 460.000 aborti farmacologici che si stima siano stati praticati negli USA, sono stati segnalati solo alcuni casi di setticemia fatale da Clostridium bordelli, senza febbre, attribuiti al ruolo del mefipristone (RU486) su cortisolo e citochine.Comunque nel 2007 la Food and Drug Administration (FDA), ha concluso l'analisi di questi casi affermando che i benefici del mifepristone (RU486) sono superiori ai potenziali rischi (www.fda.gov). Infatti il mifepristone (RU486) è stato inserito già nel 2006 dall' Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nell'elenco dei farmaci essenziali per la salute riproduttiva (www.who.int) ed il suo uso è stato approvato dalla FDA (www.fda.gov) per l'aborto farmacologico fino al 49° giorno (nove settimane) a partire dall'ultima mestruazione. L'eventuale impiego del mifepristone (RU486) in epoche gestazionali successive (dopo le nove settimane) comporta una riduzione di efficacia.L'aborto farmacologico è autorizzato e quindi praticabile in molteplici paesi, mentre in Italia per il mifepristone (RU486) l'approvazione di questa sua indicazione clinica è attualmente in itinere, intralciata da ostruzionismi "burocratici".In relazione alla prossima commercializzazione e quindi disponibilità del farmaco Ru486, comunque resta il fatto che la sua utilizzazione nel rispetto delle procedure previste dalle legge 194 (certificato medico, pausa di riflessione di sette giorni, sede ospedaliera per la somministrazione farmacologica) porrà dei problemi pratici di complessa risoluzione. Infatti il periodo ottimale di utilizzo della pillola Ru486 è entro le otto-nove settimane di gravidanza iniziale, per cui la possibilità di somministrazione si giocherà sempre -alle attuali condizioni- sul filo del tempo consentito.Gli ostruzionismi nei confronti della pillola RU486 nascondono il timore che l'aborto farmacologico renda inappropriato (e quindi uno spreco) che la donna si ricoveri in ospedale e quindi si teme la messa in discussione (ed eventuale modifica) della legge 194/1978 nella direzione dell'ampliamento della libertà di scelta -da parte della donna- del medico e del luogo di cura: sono infatti le acquisizioni tecniche ed in questo caso mediche che hanno l'intrinseca capacità di modificazione di equilibri, basati sulla farraginosa burocrazia e su pretese di controllo della sessualità di donne ed uomini.
Fonte: http://www.agenziaradicale.com/

giovedì 8 gennaio 2009

Cassazione: chi tradisce in pubblico perde l'assegno di mantenimento


Una infedelta' coniugale può configurarsi come un vero e proprio illecito se essa e' la causa della crisi coniugale o se viene ostentata in pubblico, producendo offesa al decoro ed all'onore del coniuge tradito.
Dicembre 2008 - Di Roberto Castaldi - Studiocastaldi.it - Tempi più difficili per chi tradisce! D'ora in avanti infatti il coniuge infedele dovrà stare particolarmente attento a tenere nascosta la sua relazione adulterina. La Corte di Cassazione infatti considera più grave il tradimento di chi lo fa pubblicamente rispetto a chi tradisce di nascosto.

Genitori separati litigano troppo? rischiano perdere figli


E' pericoloso sobillare i figli. Si rischia l'affido al Comune di residenza.
(ANSA) - ROMA, 3 GIU - Rischiano di perdere i loro figli i genitori separati che usano i bambini come strumento di rivendicazione nei confronti dell'ex partner. Se non riescono ad abbassare la loro conflittualita', l'affidamento dei figli passa al Comune di residenza.
Lo sottolinea la Cassazione che ha confermato l'affido al Comune ligure di Castiglione Chiavarese di due minori i cui genitori separati - che avevano l'affido congiunto - litigavano e sobillavano i figli l'uno contro l'altro genitore. Senza successo il padre dei due bambini ha protestato in Cassazione contro la decisione della Corte di Appello di Genova che, nel 2003, aveva disposto che la femmina continuasse a stare col padre, mentre il maschio poteva continuare a vivere con la madre, ma aveva stabilito che l'ente locale fosse il referente unico dei genitori per tutte le questioni che riguardavano i figli. La Suprema Corte ha ritenuto corretta questa decisione che potra' essere rivista solo quando i due ex diventeranno piu' maturi e responsabili. In primo grado, invece, il tribunale di Chiavari, nel 2001, aveva stabilito l'affido congiunto dei figli. Ma nel proseguimento della causa il consulente tecnico dei giudici -sentiti i genitori e i figli- si era accorto che i ragazzi 'mostravano segni di sofferenza, determinata dalla incapacita' dei genitori di avviare un pur minimo dialogo fra loro, e dalla tendenza di utilizzare i figli quale strumento di offesa e di rivendicazione'. (ANSA).

Pubblicato da Andromeda Associazione Culturale

Uccide marito durante lite su affidamento figli


La ragazza voleva rimanere con il papà ma la madre si è opposta fermamente, visto che le toccava stare con lei. Ne é nata una violenta lite al culmine della quale la donna avrebbe estratto una pistola cal. 7,65 e sparato al marito, colpendolo all'addome.
CALTAGIRONE (CATANIA) 05-01-2009 - ANSA - Forti rancori da separazione, acuiti da denunce incrociate per minacce e ingiurie: sarebbe il quadro in cui è maturato l'assassinio di Ugo Alba, 30 anni, originario di Torino, ucciso a Caltagirone con un colpo di pistola all'addome dalla moglie coetanea, Zaira Ritrovato, di Asti, al culmine dell'ennesima lite sui loro due figli, una ragazza di 11 anni e un bambino di sei. La donna che si è costituita alla polizia dopo il delitto è stata fermata per omicidio su disposizione della locale Procura.
La coppia da tempo era separata, lui aveva una relazione con una romena, che è incinta, e il giudice aveva affidato la custodia dei figli a entrambi। Nella tarda serata di ieri, Zaira Ritrovato era andata a prendere la figlia, in compagnia del suo nuovo compagno, che aveva trascorso la giornata nell'agriturismo Casale San Basilio con il padre, che vi gestisce un bed and breakfast. La ragazza voleva rimanere con il papà ma la madre si è opposta fermamente, visto che le toccava stare con lei. Ne é nata una violenta lite al culmine della quale la donna avrebbe estratto una pistola cal. 7,65 e sparato al marito, colpendolo all'addome.Poi è fuggita e si è costituita alla polizia, sostenendo di averlo soltanto ferito. Alla polizia prima e al sostituto procuratore di Caltagirone, Elina Dolce, poi, la donna ha confermato la dinamica della sparatoria. Il suo legale, l'avvocato Massimo Albergamo, ha rivelato che ha detto di "volere soltanto spaventare l'ex marito, e non ammazzarlo: è partito un colpo e lei non si è resa conto di nulla". "La mia cliente - sottolinea il penalista - subito dopo si è dunque allontanata in macchina e si èrecata in commissariato per riferire di avere sparato, ma qui ha saputo della tragedia". L'udienza di convalida del fermo per omicidio disposto dalla Procura di Caltagirone è stata fissata per mercoledì prossimo.Alcuni particolari del delitto restano però ancora poco chiari. Tanto che il procuratore capo Francesco Paolo Giordano sottolinea che "ci sono ancora risvolti della vicenda che devono essere chiariti dall'inchiesta". Tra questi come mai la donna fosse armata e dove abbia buttato la pistola, particolare che ha detto di non ricordare. A soccorrere Ugo Alba ferito è stato il padre dell'uomo, che lavora con lui, intervenuto dopo avere sentito lo sparo, e che potrebbe fornire elementi utili alle indagini. L'uxoricidio non sorprende l'Associazione matrimonialisti italiani che rileva come "ogni due giorni in Italia si consuma una tragedia familiare e negli ultimi 6 mesi si è registrato un incremento di questi fatti di sangue"."Non è immaginabile - osserva l'avvocato Gian Ettore Gassani, presidente dell'Ami, parlando dell'affido condiviso - pensare di imporre a due coniugi che si odiano la condivisione del progetto di crescita dei loro figli. Urge una riforma della giustizia familiare e minorile con il varo del Tribunale della famiglia".

Andromeda Associazione Culturale: Andromeda Associazione Culturale/Chi Siamo

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L'ASSOCIAZIONE

L'Associazione Andromeda è una rete di formatori, orientatori, consulenti che ha per oggetto la diffusione della cultura della formazione, la progettazione e realizzazione di interventi formativi, la promozione e il sostegno della persona umana (
vedi attività di counselling ...), la mediazione in ambiti micro-macrosociali ( vedi attività di mediazione ...).

Per concretizzare i nostri obbiettivi:

- stiamo approntando la realizzazione di un Centro d'Ascolto e d'Orientamento, uno spazio che vuole essere punto di riferimento per tutti coloro che stanno attraversando un periodo critico della propria vita, un luogo dove poter chiedere e reperire informazioni e conoscere i possibili percorsi.
- lavoriamo in rete con altri professionisti (psicoterapeuti, psichiatri, avvocati, logopedisti, pedagogisti clinici) per poter offrire risposte diversificate.
- collaboriamo con altre associazioni ed enti presenti sul territorio.
offriamo un punto anche ai colleghi dove poter approfondire tematiche attraverso seminari, convegni e supervisione.

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L’Associazione

L’Associazione culturale Andromeda
nasce con lo scopo di raggiungere un miglioramento della qualità della vita attraverso la formazione consapevole, effettuando il pssaggio da persona reattiva a persona creativa .
Offre l’opportunità di migliorare le relazioni con se stessi e con gli altri all’interno della propria vita professionale e sociale



La Formazione
L’Associazione culturale Andromeda propone differenti percorsi formativi per le tematiche psicosociali e economico-aziendali:


· Per gli studenti
· Per gli insegnanti
· Per i genitori
· Per le aziende

La Mediazione

La mediazione è una modalità di regolamentazione del conflitto e favorisce la ripresa del dialogo tra due o più parti:
· Mediazione familiare
· Mediazione sociale
· Mediazione penale


Il Counseling

L’Associazione culturale Andromeda svolge attività di counseling, attraverso incontri di comunicazione interpersonale
La relazione di Counseling tende a
· Cercare soluzioni a specifici problemi
· Aiutare a prendere decisioni
· Gestire crisi
· Sviluppare e/o migliorare risorse

Il Centro d’ascolto e l’orientamento


L’Associazione propone servizi di sportello d’Ascolto in ogni struttura sociale per accogliere il bisogno.
L’attività di orientamento riguarda:
· Le scelte scolastiche
· Le scelte formative
· La modalità di ricerca del lavoro
· Le strategie per inserirsi nelle professioni
· Situazioni di “transizione” della vita



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“Un fallimento non è sempre uno sbaglio;
Potrebbe essere semplicemente il meglio che uno possa fare. Il vero sbaglio è smettere di provare”

(B.F. Skinner)